Leadership, militanza civile, dialogo: la lezione del rav Toaff

della pergolaRipercorrendo, a breve distanza dalla conclusione del centesimo anno di vita del Rav Elio Toaff (zzl) che ci ha lasciati da pochi giorni, il testo di un mio intervento di dieci anni fa per onorare il suo novantesimo compleanno, non sono solo le emozioni personali a riaffiorare.
A fronte dell’esistenza immensa di un rabbino che ha affrontato con coraggio e slancio un secolo intero di sfide e di rivolgimenti epocali, il fattore che ha caratterizzato il nostro ultimo decennio è la difficoltà di agire e di trovare risposte adeguate alle sfide che ci stanno di fronte. Per questo credo sia utile a onorare la sua memoria rileggere quelle parole di dieci anni fa, che, va detto con inquietudine e preoccupazione, nulla hanno perso della loro attualità. Una bella pagina della Mishnà – Le Massime dei Padri (5, 24) – descrive le diverse età del ciclo della vita umana. A 90 anni, dice il testo ebraico – lasúach – ossia per andare ricurvi: osservazione certo non appropriata al nostro Maestro – sempre retto e ben presente. E allora, con una facile manipolazione del testo ebraico, noi diremo: a 90 anni – lasíach – ossia per il colloquio: quel colloquio nel quale ci siamo qui riuniti per onorare Elio Toaff e per esaminare insieme diverse angolature del pensiero ebraico alla luce del tema centrale: Sionismo e Religione. Vorrei qui brevemente delineare una panoramica della situazione del mondo ebraico contemporaneo, delle sue risorse, delle sue sfide e dei suoi obiettivi, mettendo altresì in luce alcuni aspetti dell’opera personale del Rav Toaff che dimostrano in maniera esemplare quale possa essere il contributo del singolo nel contesto del collettivo. Secondo il Rapporto per il 2004 del JPPI – un centro studi indipendente di Gerusalemme – “alla luce delle tendenze in corso e di quelle ragionevolmente prevedibili, il futuro degli ebrei nel mondo non è assicurato anche se esistono le premesse per uno sviluppo rigoglioso.
Per riuscire, sono necessari grandi investimenti di energie, è necessario saper assumere con coraggio decisioni cruciali, e va formulata con oculatezza e fermezza una politica strategica a lungo termine”. Nell’epoca della globalizzazione, il popolo ebraico in un certo senso ha raggiunto livelli di prosperità e di sicurezza senza precedenti nella sua lunga storia di 4000 anni. Nel corso del Ventesimo secolo – dopo la catastrofe della Shoah, l’indipendenza dello Stato d’Israele riportava impetuosamente nella storia gli ebrei come attori sovrani e non solo come variabile dipendente alla mercé delle volontà di altri e più forti protagonisti.
Lo Stato ebraico progrediva rapidamente e si associava al gruppo delle società maggiormente sviluppate. E tutto ciò mentre Israele assorbiva una massa di milioni di immigranti spesso provenienti da ambienti ostili, bisognosi di aiuto morale
e materiale. La società israeliana è così cresciuta fino a costituire il 40-45% del totale dei 14 milioni di ebrei che oggi vivono nel mondo. Da parte sua, la Diaspora ebraica veniva a concentrarsi sempre più nei paesi maggiormente progrediti e democratici, dove godeva ampiamente dei diritti civili e di possibilità quasi illimitate di mobilità sociale. La presenza ebraica nei grandi centri economici e culturali del mondo occidentale dimostrava la potenza delle forze di attrazione e di rigetto capaci di stimolare grandi migrazioni a livello planetario. Negli ultimi anni, poi, è stato finalmente riconosciuto
pubblicamente il dovere di ricordare l’esperienza della passata emarginazione e distruzione delle comunità ebraiche, e sembra sia stato recepito definitivamente, sia pure tardivamente, l’insegnamento che la memoria è doverosa per prevenire il ritorno a quelle tragiche aberrazioni. Come abbiamo visto in occasione del 60° anniversario della liberazione di Auschwitz,
l’esperienza ebraica è stata ammessa a far parte del nucleo più qualificante dell’identità europea. Di fronte a questi innegabili successi oggi otto importanti sfide, vecchie e nuove, incombono sul presente e sul futuro del popolo ebraico: (1)
Non è ancora del tutto superata la necessità di provvedere alla sicurezza e alla tutela fisica di comunità ebraiche situate in ambienti ad alto rischio. Questo problema, che era ben più acuto in passato, in gran parte è stato risolto grazie all’emigrazione di milioni di ebrei verso lidi più sicuri.
(2) Il conseguimento di una permanente condizione di pace e di sicurezza continua a costituire la massima priorità per lo Stato d’Israele.
(3) La sovranità dello stato ebraico va saputa gestire attraverso un delicato equilibrio fra le necessità irrinunciabili nel campo della difesa e degli interessi politici reali dello stato, ma sempre alla luce di elevati valori morali e sociali ebraici, e approfondendo i legami ideali fra Israele e la Diaspora.
(4) Va incoraggiata la continuità spirituale e fisica del collettivo ebraico, rinforzando le basi dell’identità culturale, il rispetto di se stessi, le conoscenze del patrimonio di valori, la creatività, la partecipazione alle iniziative comunitarie; e va sostenuto lo sviluppo demografico attraverso il naturale processo di avvicendamento delle generazioni minacciato dall’invecchiamento e dalla crescente assimilazione.
(5) Va tutelata l’unità e la solidarietà ebraica, incoraggiando il dialogo interno, la reciproca comprensione e tolleranza, costruendo con pazienza il consenso e la comune azione nello spirito di Clàl Israél – la comunione di Israele – e favorendo la coesistenza di un ampio spettro di idee e di forme di espressione ebraica.
(6) Ci si deve ancora misurare con forme a volte subdole, a volte arroganti di ostilità nei confronti degli ebrei e dell’ebraismo, spesso dietro il trasparente paravento dell’invettiva e del boicottaggio nei confronti dello stato d’Israele; e va pazientemente spiegata la posizione ebraica rifiutando le forme di intolleranza intellettuale e aggressione fisica che perdurano dal passato o proliferano nel presente.
(7) Va moltiplicato lo sforzo di proiettare i valori eterni dell’ebraismo nell’ambito del dialogo con le altre grandi matrici religiose, culturali e sociali, incoraggiando la conoscenza delle fonti ebraiche e apportando attraverso il Tikkún Olàm – la miglioria del mondo – il contributo peculiare dell’ebraismo nell’illuminare la condizione umana nella società globale.
(8) E finalmente vanno formate e sviluppate quelle risorse umane altamente qualitative che si assumano la responsabilità nel condurre a buon fine questi compiti non facili. Nel ripercorrere quest’ordine del giorno strategico, non si può fare a meno di notare come Elio Toaff nel suo lungo impegno di studioso e di maestro, di compagno e di guida, abbia personalmente testimoniato la sua alta sensibilità e abbia ottenuto grandi esiti riguardo a ognuno dei grandi temi ora enunciati. Come non ricordare, dunque, il coraggioso intervento di Elio Toaff, anni fa, volto a salvare l’ormai quasi estinta comunità ebraica dello Yemen, oggi trasferita quasi tutta in ambienti meno precari. Nel corso degli anni Toaff ha saputo operare con discrezione e costanza a favore della sicurezza dei suoi fratelli in Italia e in Israele. La sua preoccupazione per la difesa dello Stato ebraico e delle comunità in Italia e la sua militanza nella Resistenza hanno sempre fatto corpo unico con la sua lotta per la pace. Riguardo al tema della continuità e dell’unità della compagine ebraica, in un testo presentato al Congresso mondiale
per l’Educazione ebraica nella diaspora, tenuto a Gerusalemme nel 1947, l’allora trentaduenne Elio Toaff così si esprimeva a proposito dell’educazione ebraica in Italia: “La nostra educazione deve servire da ponte sull’abisso che generalmente separa studi profani e studi religiosi, lingua italiana e lingua ebraica, cultura umanistica generale e cultura ebraica, identità religiosa e identità nazionale. Queste dualità sono in contrasto con la nostra concezione unitaria della cultura ebraica”.
Ripercorriamo l’attività di Toaff efficace divulgatore verso il grande pubblico non-ebraico della saggezza e dell’immagine dell’ebraismo, e combattente contro il pregiudizio attraverso le pagine del suo indimenticabile diario Perfidi Giudei, Fratelli Maggiori ma anche attraverso le onde radiofoniche con le popolari trasmissioni di Ascolta si fa sera. Ricordiamo
il memorabile abbraccio con Papa Giovanni Paolo II nel Tempio Grande di Roma subito dopo il quale Toaff dichiarò: “In quel momento ho sentito che qualcosa era cambiato per sempre”. Ed è possibile che questo ci abbia resi testimoni di uno dei grandi e sperabilmente irreversibili momenti di un intero millennio. E infine, per quanto riguarda la preparazione di nuovi quadri dirigenti, l’insegnamento di Rav Elihú Refaèl Azrièl ben Hachachàm Shabbetài Toaff al Collegio Rabbinico Italiano
ha creato le basi del Rabbinato italiano, qui riunito quest’oggi, e sulle cui spalle poggia l’avvenire di una nuova generazione di giovani e la continuità dell’ebraismo italiano. Un ebraismo, quello di Elio Toaff, nel quale Sionismo e Religione non possono venire disgiunti, mentre la militanza per i valori della società civile e il dialogo con le altre grandi matrici religiose formano parte integrante della sua coscienza di uomo dalla fede incontaminata e dall’entusiasta
capacità di comunicare agli altri il suo mondo interiore.
In questa gamma straordinaria di attività e nell’esempio personale di Elio Toaff si compendia, dunque, tutta la problematica contemporanea dell’essere ebrei, nella fedeltà alle antiche tradizioni e nella partecipazione alla vita collettiva, e si intravede il vero spirito delle soluzioni e la promessa di successo di fronte alle sfide del futuro.

Sergio Della Pergola, Università di Gerusalemme

Pagine Ebraiche maggio 2015

(24 aprile 2015)