“Una guida che ci ha tenuti assieme”
Rav Elio Toaff è sempre stato ai miei occhi uno stimolante enigma poiché la sua personalità e la sua figura evocano di volta in volta innumerevoli definizioni, mentre lui non si adattava mai pienamente a nessuna. L’ho sempre considerato un vero e proprio punto di riferimento per me e per la mia famiglia: è stato il Maestro di mio padre e mio, ed è sempre stata una forte presenza nei momenti più importanti della mia vita. Quando penso alle tappe che ha raggiunto nella sua vita, dalla laurea in Giurisprudenza, al suo precedente ruolo di rabbino capo nelle Comunità ebraiche di Ancona e Venezia, non posso che sentirlo come una figura guida profondamente vicino a me e al percorso di studi che ho intrapreso, avendo io ripercorso molte delle sue stesse scelte. In molti hanno mitizzato la sua figura come si mitizzano ed esaltano i tempi passati, e in realtà il rav è stato un grande modello pienamente rispondente alla propria generazione: quella del dopoguerra e della ricostruzione. Con la sua caratteristica ironia e la sua forza carismatica ha saputo convincere la gente usando la forza del sorriso. Si parla spesso di rav Toaff come una guida che ha saputo tenere unita la comunità italiana nelle sue diversificate articolazioni culturali e identitarie; non sappiamo però se quel che è stato, è dovuto grazie al suo grande carisma o anche al fatto che nell’ultimo cinquantennio del 20esimo secolo non vi erano ancora spinte identitarie estreme e radicali.
Oggi soffriamo infatti di una grande difficoltà: quella di costruire ponti e dialoghi. Ognuno preferisce curare il proprio orticello, la propria individualità e le proprie convinzioni, un pensiero che porta alla definizione della differenza tra il leader che per difendersi dal freddo si mette la pelliccia e colui che invece accende un fuoco per scaldare anche altri: c’è chi come Abramo si mette in gioco andando ad ogni costo verso gli altri e accogliendo i diversi nella sua tenda e chi come Noè preferisce salvare la propria famiglia e i propri adepti nell’arca per sfuggire al diluvio. Oggi si tende a prediligere la seconda opzione… anche perché si rischia di più di trasformarsi in naufraghi! E allora rav Toaff è ed è stato soprattutto un modello, un leader che si è dedicato a tempo pieno alla rabbanut, pur ricoprendo tante cariche e nonostante sia stato accusato spesso di soppesare una dimensione politica. Si è rappresentato ed è stato identificato come il punto di riferimento della comunità sia all’interno che all’esterno. Ed è sempre stato presente.
Ora che la dimensione comunitaria è cambiata e le problematiche sono diventate altre, credo però sia necessario chiederci nuovamente: quali sono le qualità che dovrebbe avere un rabbino di una comunità? La Torah (Bemidbar 27,15,11) ci fornisce una risposta singolare nel momento in cui Moshe deve trovare il proprio successore e dice al Signore: “Nomini l’Eterno, il Signore degli spiriti di ogni vivente, un uomo a capo della Comunità, il quale proceda davanti a loro e che rientri alla loro testa, che li possa far uscire e li possa far rientrare (sani e salvi), affinché la Comunità del Signore non sia come un gregge che non ha pastore”. Moshe specifica qui le doti che vorrebbe ritrovare nell’uomo designato e in questo passo l’Eterno viene appellato per la prima e unica volta nella Torah come “Signore degli spiriti di ogni vivente”. Una espressione che ha fatto pensare all’uomo che guida come a qualcuno che attraverso il proprio spirito riesce a comunicare con tutti i membri della Comunità. Secondo Rashì, l’implicito significato della preghiera di Moshe è questo: “Signore dell’Universo, Eterno che ha dato la vita a ogni carne, tu conosci le menti degli uomini e come la mente di uno differisca da quella di un altro. Nomina loro un capo che sappia accettare e capire i diversi intendimenti di ciascuno dei tuoi figli”. Una interpretazione che richiama al pluralismo che compone il popolo ebraico; commenta infatti Pinchas Peli: “Il vero capo non è l’uomo di una sola idea, ma colui che è capace di tollerare tutti i punti di vista. Un uomo quindi al di sopra della Comunità”. Giosuè, il successore di Moshe, non è però privo di spina dorsale o passivo, Rashi lo descrive come “un uomo che sa ergersi contro lo spirito di ciascuno di loro”. Un buon capo deve saper difendere le proprie idee ma deve essere anche capace, in determinati casi di cambiare idea e di avere una mente aperta e decisa. Moshe prosegue chiedendo che il suo successore sia un leader che sappia guidarli (alla guerra) e sappia riportarli (a casa). Era ben conscio infatti che una cosa è portare un popolo in guerra e un’altra è farlo uscire dalla guerra e riportarlo a casa (sano e salvo) e come questo ultimo compito sia molto più difficile. Ci si chiede infine che tipo di rapporto di dipendenza si debba creare tra una generazione e i suoi capi. Rabbì Yehudà Nessìaà e i Maestri discutono: il primo diceva ogni generazione dipende dalla sua guida (dor lefì parnàs), gli altri dicevano la guida dipende dalla sua generazione (parnas lefì dorò da Talmud ‘Arakhìn 17a).
Ma insomma, è la guida a doversi adattare alla propria generazione oppure è la generazione che deve adattarsi alla guida che si è data? Quando io e il rav Benedetto Carucci Viterbi iniziammo a studiare insieme, il rav Toaff ebbe un ruolo determinante nelle nostre scelte. Nessuno di noi due aveva intenzione di diventare un rabbino o di intraprendere la “carriera”; anzi, ci tenevamo a ribadire che avremmo studiato per cultura e per mitzvah. Lui ci tranquillizzò e ci sollecitò a studiare indipendentemente dalle scelte che avremmo fatto. E in questo modo ci portò agli esami di laurea rabbinica. Quando si interrompeva durante le lezioni per raccontarci di alcune sue esperienze rabbiniche ad Ancona (appena arrivato in piene leggi razziste) o a Venezia (quando faceva partire clandestinamente profughi ebrei per Israele), capivamo di avere di fronte a noi un grande leader e protagonista dei nostri tempi. E soprattutto quanto fare il rabbino fosse bello e stimolante…
Rav Roberto Della Rocca, direttore del Dipartimento Educazione e Cultura UCEI
Pagine Ebraiche maggio 2015
(24 aprile 2015)