Israele – Istanbul, la sfida diplomatica

doregold-mfaHanno scelto Roma, lontano da occhi indiscreti, le diplomazie israeliana e turca per provare a ricucire un rapporto lacerato da forti tensioni. Si sono infatti incontrati lunedì nella Capitale italiana il direttore del ministero degli Esteri israeliano Dore Gold (nell’immagine) e la sua controparte turca, Feridun Sinirlioglu, con un passato da ambasciatore in Israele. Sul tavolo, la ripresa dei rapporti al centro di una crisi iniziata con il conflitto di Gaza del 2008 e acuitasi con il caso internazionale della Freedom Flotilla, una piccola flotta di imbarcazioni formate da attivisti filopalestinesi che nel 2010 cercò di forzare il blocco navale imposto sulla Striscia di Gaza: sulla più grande delle navi, la Mavi Marmara, le forze di sicurezza israeliane intervenute si scontrarono con attivisti armati di spranghe e bastoni; i militari, nella ricostruzione redatta da Tsahal, risposero all’aggressione e aprirono il fuoco. Nove attivisti, tutti di origine turca, persero la vita nello scontro. A distanza di tre anni da quei fatti, il governo israeliano, guidato da Benjamin Netanyahu si scusò ufficialmente con Istanbul per l’incidente (nel corso della visita del presidente Barack Obama in Israele, Netanyahu telefonò al presidente turco Recep Erdogan) e si impegno a garantire un risarcimento alle famiglie delle persone rimaste uccise. Il conflitto a Gaza dello scorso anno ha segnato l’ennesimo allontanamento tra i due paesi con le feroci critiche pubbliche di Erdogan e del suo governo a Gerusalemme, supportate con offese ad alcuni ministri israeliani. Nelle ultime ore, il nuovo tentativo di ricucire la crisi diplomatica che però, come spiegava su Pagine Ebraiche l’economista Aviram Levy, non ha minato i rapporti commerciali tra i due Stati.
“Nonostante il gelo diplomatico, i rapporti economici tra i due paesi si fanno sempre più stretti: – spiegava Levy – nel 2013 la Turchia è il partner commerciale con cui Israele ha registrato per il secondo anno consecutivo, come sopra ricordato, il maggiore incremento dell’interscambio commerciale; l’import e l’export tra i due paesi ha raggiunto i 5 miliardi di dollari (il principale settore di interscambio è l’industria chimica), un volume di poco inferiore a quello registrato tra Israele e la Cina. I turisti israeliani hanno continuato ad affollare le località balneari turche. Come se non bastasse, dei negoziati sono in corso per collegare Israele e Turchia con un gasdotto, che consentirebbe a Israele di esportare in Turchia, un paese in rapida industrializzazione e quindi assetato di energia, il gas estratto nella piattaforma off-shore Leviathan”. Rispondendo alla domanda sulle implicazioni del fenomeno del commercio tra paesi che ufficialmente non si parlano, Levy spiegava che “In primo luogo l’interscambio commerciale tra Israele e Turchia crea posti di lavoro e diffonde benessere nei due paesi, il che rappresenta di solito un elemento stabilizzante. In secondo luogo la presenza di stretti rapporti economici dovrebbe in teoria indurre le autorità dei due paesi ad adottare una politica estera più moderata: i settori che beneficiano degli scambi commerciali (gli imprenditori e i lavoratori interessati) possono infatti far sentire la loro voce presso i governanti”. Potrebbe essere proprio l’esistenza di un interscambio commerciale tra Turchia e Israele ad aver portato le rispettive diplomazie a cercare di lasciarsi alle spalle le tensioni del passato.

Daniel Reichel

(23 giugno 2015)