Israele – Energia, nuovi equilibri

Schermata 2015-08-31 alle 14.02.46La scoperta annunciata dall’Eni del giacimento di gas in Egitto – il più grande fino ad ora scoperto nel Mediterraneo – ha messo in allarme la politica israeliana. “È un doloroso risveglio”, ha dichiarato da Gerusalemme il ministro per l’Energia Yuval Steinitz, puntando il dito contro chi si è opposto in questi mesi – tra gli altri, l’autorità anti-trust israeliana – al piano promosso dallo stesso Steinitz e dal premier Benjamin Netanyahu (insieme nell’immagine) per la regolamentazione della gestione dei giacimenti israeliani di Tamar e Leviathan. Questi ultimi avrebbero dovuto rifornire anche l’Egitto, almeno nei progetti dell’americana Noble e dell’israeliana Delek che controllano i due giacimenti a largo di Haifa, ma la nuova scoperta cambia le carte in tavola: Zhor – il nome del giacimento scoperto dall’italiana Eni – contiene il 40 per cento in più di gas rispetto a Leviathan e dovrebbe garantire il fabbisogno energetico egiziano per i prossimi 20 anni. Un duro colpo per le aziende che controllano i giacimenti israeliani, scrivono i quotidiani locali, e per l’esecutivo che, per bocca del ministro Steinitz, rivendica comunque la necessità di approvare il piano regolatore ancora in attesa del benestare della Knesset. Proprio questo progetto era stato bersaglio di diverse critiche nei mesi passati: l’opinione pubblica aveva chiesto un abbassamento del prezzo fissato per il gas venduto all’interno del Paese mentre il commissario per l’anti-trust David Gilo aveva bollato l’accordo come un monopolio nelle mani di Noble e Delek. La parte più complessa era legata soprattutto al giacimento più grande, Leviathan, che ora rischia di subire ulteriori ritardi nel suo sviluppo (sarebbe dovuto essere operativo entro il 2017, data poi posticipata al 2019): proprio da qui dovevano partire le forniture di gas verso l’Egitto, e un accordo in tal senso avrebbe garantito l’investimento per la sua piena entrata a regime. Come spiega Avi Bar Eli di Haaretz, i partner di Leviathan speravano di firmare un contratto quindicennale (come accaduto per la Giordania per il giacimento di Tamar) per esportare il gas alle strutture della British Gas nel nord Egitto, da tempo ferme a causa della carenza di risorse. Ma l’ingresso di Zhor sul mercato energetico sembra buttare all’aria questi piani.
Nonostante il nuovo arrivo, il ministro Steinitz continua ad avere fiducia nel piano regolatore proposto e avvisa che – come dimostrerebbe quanto accaduto in Egitto – Israele non “può più permettersi ritardi e deve proseguire sulla strada dello sviluppo delle infrastrutture energetiche”. Da qui la richiesta alla Knesset di dare il suo consenso al tanto contestato progetto di regolamentazione. Un consenso che non arriva dalla controparte laburista, con Shelly Yacimovich a contestare la fretta dell’esecutivo: per la parlamentare del partito di Isaac Herzog, il governo non può più ricorrere alle ragioni di sicurezza nazionale e diplomatiche addotte in precedenza per affermare l’urgenza dell’approvazione del piano di Steinitz. “Perché quelle ragioni si fondavano su una presunta urgenza di fornire il gas israeliano all’Egitto – ha affermato Yacimovich – Ora che abbiamo scoperto il Cairo non ha bisogno del nostro gas, il governo deve produrre ora un piano sano e ragionevole senza scatenare il panico e fabbricare ragioni immaginarie di sicurezza nazionale”. La battaglia sul gas ritorna quindi sul campo della politica israeliana e intanto il Paese, come spiegava il Wall Street Journal, accumula ritardi sul fronte dello sviluppo dei giacimenti. E intanto i concorrenti aumentano.

Daniel Reichel

(31 agosto 2015)