Netanyahu sugli scontri a Gerusalemme
Chi c’è dietro alle violenze

.La giustizia israeliana deve accettare la proposta del governo di applicare misure più severe contro chi lancia pietre o molotov. È quanto a dichiarato il Primo ministro d’Israele Benjamin Netanyahu, durante la riunione di inizio settimana del suo gabinetto di sicurezza. Il riferimento è alla recente escalation di violenza che ha coinvolto in particolare Gerusalemme, con duri scontri tra manifestanti palestinesi e le forze dell’ordine israeliane e diversi episodi di attacchi a civili (nella vigilia di rosh hashanah il lancio di pietre ha causato la morte del sessantaquattrenne Alexander Levlovitz e il ferimento di altre due persone). “Questa è una norma che deve essere applicata a ogni cittadino di Israele, ogni residente e da ogni giudice – ha affermato Netanyahu parlando del pacchetto di nuovi provvedimenti – Una condanna minima obbligatoria sarà prevista per chi lancia pietre”.
Nel mondo arabo le immagini degli scontri nella zona identificata, come il Monte del Tempio dagli ebrei e la Spianata delle Moschee per i musulmani, ha sollevato pesanti critiche e accuse nei confronti di Israele. Sulla questione è intervenuto il Premier Netanyahu dichiarando che il suo governo non ha nessun interesse a modificare lo status quo dell’area e che l’escalation delle ultime settimane è da imputare ai Fratelli musulmani, all’Autorità palestinese e ai movimenti islamisti presenti in Israele. “Chiunque si lamenti dello sviluppo delle ultime vicende non dovrebbe rivolgersi a Israele ma a Ramallah, a Gaza, agli istigatori in Galilea e sfortunatamente anche in Turchia”.
Secondo Avi Issacharoff, esperto di questioni mediorientali e analista dei siti Walla e Times Of Israel, l’autorità palestinese ha però cercato di contenere la rabbia dei palestinesi. Secondo quanto riporta Issacharoff, lo scorso venerdì vi sono state diverse manifestazioni palestinesi in Cisgiordania per protestare contro le immagini diffuse rispetto a quanto stava accadendo nella moschea Al Aqsa. Alcune di queste dimostrazioni sono state disperse, anche con l’uso della forza (a Jenin e Betlemme). “L’Autorità palestinese – scrive Issacharoff ha usato la forza bruta contro la sua stessa gente, incluso sparare proiettili veri contro manifestanti armati. Questa determinazione avrebbe dovuto riceve una risposta positiva da parte israeliana. Israele ha però venerdì impedito l’ingresso a Gerusalemme al Primo ministro palestinese Rami Hamdallah, al capo dell’intelligence Majd Faraj e al capo della sicurezza Ziad Habrih”. “Un semplice esercizio della propria sovranità da parte di Israele – continua l’analista – Ma che effetto ha su Abbas? Di porlo nella molto scomoda posizione di un leader la cui gente viene arrestata a un checkpoint israeliano mentre cerca di raggiungere il Monte del Tempio”.
Netanyahu in queste ore ha invece puntato il dito controllo Ramallah e non solo per quanto accade a Gerusalemme. Secondo il Primo ministro tra chi gli istigatori delle proteste, c’è Salah Aruri, membro di primo piano del movimento terroristico di Hamas, che attualmente si trova in Turchia.
Aruri, scrive Barak Ravid su Haaretz riportando le parole di Netanyahu, avrebbe incoraggiato le persone a portare dispositivi esplosivi all’interno della mosche Al-Aqsa. “Portare esplosivo all’iterno della moschea – ha affermato il Premier israeliano – cambia lo statuts quo. Noi non vogliamo che questo accada e non permetteremo che qualcuno faccia precipitare nella violenza il Monte del Tempio”.

d.r.

(20 settembre 2015)