Israele – L’UE e le etichette pericolose

parlamento-europeoL’etichettatura dei prodotti provenienti dagli insediamenti israeliani in Cisgiordania inizierà dal prossimo ottobre. È quanto ha dichiarato nelle scorse ore un alto funzionario dell’Unione europea alla radio dell’esercito israeliano Galei Tsahal. Sarebbe dunque imminente l’entrata in vigore del provvedimento, duramente criticato dal governo di Gerusalemme, che vuole introdurre una differenziazione all’interno del made in Israel, specificando quali prodotti provengono dalle aziende che operano negli insediamenti israeliani presenti nella West Bank. L’iniziativa era stata caldeggiata in una lettera firmata da sedici ministri degli Esteri europei – tra cui quello italiano – e definita come “un passo importante per la piena implementazione della politica dell’Unione Europea in relazione alla difesa della soluzione dei due Stati”. Secondo i diplomatici europei – appoggiati dalla risoluzione approvata lo scorso 11 settembre a larga maggioranza dal Parlamento europeo – la proposta delle etichette sarebbe dovuto alla “continua espansione di insediamenti israeliani illegali nei Territori occupati palestinesi (secondo la definizione usata nella lettera) e negli altri territori occupati da Israele dal 1967 che minacciano la prospettiva di un accordo giusto e definitivo”. “È semplicemente una distorsione della giustizia e della logica che credo faccia male alla pace; non la promuove”, la risposta del Primo ministro Benjamin Netanyahu, dopo il voto dell’Assemblea di Strasburgo. “Le radici del conflitto non sono i territori, non sono gli insediamenti – aveva ribadito il Premier – Sappiamo cosa è accaduto in passato quando l’Europa ha etichettato i prodotti ebraici”. Secondo il ministero degli Esteri israeliano il provvedimento Ue è “discriminatorio e puzza di boicottaggio”. “Sotto le sembianze di un procedimento tecnico, si cerca di forzare una soluzione diplomatica, invece di incoraggiare i palestinesi a tornare ai negoziati”, la posizione del ministero, espressa dal suo portavoce, “L’Europa tratta Israele con bigotta ipocrisia, mentre evita di sollevare questioni in altri casi simili come per il Nord di Cipro o per il Sahara occidentale”.
Le proteste israeliane però non sembrano aver avuto effetto. Il funzionario Ue intervistato da Galei Tsahal nelle scorse ore ha infatti annunciato l’imminenza dell’applicazione del provvedimento sulle etichettature. Anzi, Bruxelles starebbe valutando ulteriori misure punitive se il governo israeliano dovesse annunciare nuovi piani di costruzioni al di là della Linea Verde a Gerusalemme Est e in Cisgiordania. “Se dovesse accadere – ha minacciato il funzionario alla radio dell’esercito israeliano – continueremo a prendere provvedimenti contro l’espansione degli insediamenti, l’etichettatura dei prodotti sarà solo l’inizio”. Tra le critiche mosse all’iniziativa europea, da Israele sottolineano che favorire attraverso l’etichettatura il boicottaggio delle aziende che lavorano all’interno della West Bank danneggerà anche l’economia palestinese. Sono diversi infatti i lavoratori palestinesi che lavorano per le ditte di cui si vorrebbe di fatto scoraggiare l’acquisto dei prodotti. In caso di chiusura di queste attività, quegli stessi lavoratori rimarrebbero senza lavoro in una West Bank che conta un tasso di disoccupazione attorno al 20 per cento (secondo la Banca mondiale un palestinese su sei in Cisgiordania nel 2014 era disoccupato).

(21 settembre 2015)