I numeri da declinare al futuro
Quanti saranno gli ebrei del 2050 e come saranno distribuite le comunità ebraiche del futuro? A delineare i due scenari possibili, quello migliore che vede una crescita degli ebrei a 20 milioni e l’ipotesi peggiore che vede il numero stabilizzarsi sui 14 milioni, è il demografo dell’Università Ebraica di Gerusalemme Sergio Della Pergola in articolo sul numero di Pagine Ebraiche attualmente in distribuzione che vi proponiamo nella sua versione integrale. Nel suo testo, che è stato pubblicato contemporaneamente in lingua ebraica e inglese sul quotidiano israeliano Yedioth Ahoronot, Della Pergola conclude: “I numeri in aumento rappresentano una grande sfida in termini di infrastrutture e di qualità dell’ambiente, ma buone soluzioni non sono impossibili se consideriamo il caso di Singapore, dove la densità di popolazione è molto maggiore rispetto a quella di Israele, o anche l’Arizona dove in un ambiente desertico identico a quello del Negev vivono oltre 5 milioni di persone. Poi ci sono le minacce dell’ayatollah Khamenei che annuncia che fra 25 anni Israele non esisterà più. Quello che è certo è che fra 25 anni non esisterà più Khamenei. Soprattutto, è essenziale che chi di dovere nel sistema politico israeliano prenda le decisioni giuste per affrontare correttamente il futuro demografico previsto nel 2050, perché il 2050 arriverà”.
All’inizio del nuovo anno 5776, il popolo ebraico conta circa 14.300.000 persone secondo una definizione simile a quella della Corte Suprema israeliana. Per essere ebreo oggi prima di tutto conta la volontà di autoidentificarsi con il popolo ebraico, attraverso l’intera gamma tra il molto religioso e l’antireligioso, senza però aderire a un’altra religione. Del totale mondiale, circa 6,3 milioni di ebrei (oltre a più di 360.000 familiari che non sono registrati come ebrei dal ministero dell’Interno) vivono in Israele, circa 8 milioni vivono nella Diaspora, di cui 5,7 milioni negli Stati Uniti e 2,3 milioni in tutti gli altri paesi (principalmente in Francia, Canada, Regno Unito, Russia, Argentina, Germania, Australia e Brasile).
Una proiezione al 2050 propone uno scenario alto di 20 milioni di ebrei in Israele e in tutto il mondo e uno scenario basso di 14 milioni. Uno scenario intermedio di 17 milioni significa che nel 2050 il popolo ebraico potrebbe ritornare alle sue dimensioni anteriori alla Shoah.
Nell’era attuale di instabilità non solo in Medio Oriente, ma anche in Europa e in altre parti del mondo, ogni tentativo di previsione dei prossimi decenni è difficile e incerto. Ancora più difficile è immaginare il futuro del popolo ebraico, in Israele e nella Diaspora. La profezia, come sappiamo, è stata data ai pazzi, ai ciechi e agli infanti.
Tuttavia, le proiezioni demografiche sono simili a una partita di pallone in cui il risultato del primo tempo è già noto e ciò che rimane è determinare il risultato finale. Questo di solito non è indipendente da quello che è successo nel primo tempo, e pertanto le proiezioni demografiche sono oggi abbastanza precise. Alla loro base stanno il livello delle nascite previste nei prossimi anni, il livello di salute e di mortalità, l’incidenza delle migrazioni internazionali, verso e da Israele, e il numero di casi di conversione all’ebraismo o di abbandono dichiarato dell’identità ebraica.
Il ritmo delle nascite e dei decessi cambia lentamente a lungo termine ed è mediato dall’attuale composizione per età che è nota, quindi non ci possono essere grosse sorprese in futuro. Molto più difficili da prevedere sono le migrazioni internazionali, a causa della loro dipendenza da situazioni cangianti e improvvise sia nelle immediate vicinanze sia in luoghi più distanti della Terra. L’assimilazione è un fenomeno molto diffuso in Occidente, mentre le conversioni dipendono dalle decisioni di rabbini che solitamente tendono a frenare e a temporeggiare.
Il futuro del popolo ebraico non dipende solo dalle sue circostanze interne, ma dagli eventi cruciali a livello globale, sempre meno sotto controllo, comprese le guerre e il terrorismo, le fluttuazioni economiche, i mutamenti climatici, le drammatiche migrazioni, e soprattutto la stabilità o la disintegrazione degli Stati (come avvenne in Unione Sovietica). Scenari ragionevoli per il futuro variano entro una fascia fra un massimo e un minimo del possibile, ma ignorano la possibilità di eventi catastrofici che tuttavia si verificano di tanto in tanto in Medio Oriente e nel mondo.
Uno scenario ottimista per il popolo ebraico si basa sulla stabilità, la sicurezza e la pace, la prosperità per l’economia dello Stato d’Israele e dei paesi con le più importanti comunità ebraiche. Sviluppi positivi nella sicurezza e nell’economia possono aumentare la soddisfazione e l’ottimismo della popolazione e da questo è chiaramente provato che possa derivare un tasso di natalità più elevato. L’ascesa di Israele su una scala di qualità della vita tra i paesi sviluppati può aumentare l’attrattiva del paese e incrementare l’immigrazione, oltre a moderare il numero degli emigranti verso altri paesi. La crescita della popolazione in Israele sarà più veloce e nella Diaspora potrà rallentare la tendenza alla recessione demografica.
Seguendo questi percorsi positivi, la popolazione ebraica di Israele (compresi i familiari non ebrei che nel frattempo si saranno formalmente convertiti all’ebraismo) è destinata a crescere a 8,5 milioni nel 2030 e a 12,5 nel 2050. Con l’aggiunta di 2,5 milioni di arabi nel 2030 e 3,5 nel 2050, la popolazione totale di Israele raggiungerà 11 milioni nel 2030 e 16 milioni nel 2050 (senza i palestinesi in Cisgiordania e Gaza).
Uno scenario ottimista nella diaspora ebraica causerà un incremento nella bassa fecondità in seguito a un miglioramento nella fiducia in se stessi, un calo dell’assimilazione, e una maggiore disponibilità ad affermare pubblicamente la propria identità ebraica. La crescita sarà ancora probabilmente negativa a causa della struttura anziana di molte comunità ebraiche e a causa del continuo saldo migratorio negativo della Diaspora nei confronti di Israele. Il numero di ebrei fuori di Israele potrebbe essere di circa 7,9 milioni nel 2030 e circa 7,5 milioni nel 2050. In sintesi, con l’inclusione dei membri delle famiglia oggi non registrati come ebrei in Israele, il popolo ebraico potrebbe raggiungere un totale di 16,4 milioni nel 2030 e 20 milioni nel 2050.
In uno scenario pessimista tutto funziona alla rovescia: Israele non ha raggiunto la sicurezza e la pace, il conflitto violento in Medio Oriente è ancora in corso, l’economia soffre di recessione con meno investimenti, occupazione e reddito, diminuisce il tasso di natalità, la migrazione in entrata è ridotta, e l’emigrazione aumenta.
La crescita della popolazione ebraica è bassa e il numero degli ebrei arriva a 7,5 milioni nel 2030 e a 9 milioni nel 2050. Insieme con gli arabi israeliani, anch’essi in crescita rallentata, la popolazione del paese raggiunge i 9,5 milioni nel il 2030 e circa 12 milioni nel 2050. Gli ebrei della Diaspora sono influenzati anch’essi da scarse condizioni di sicurezza, crescente assimilazione, antisemitismo, basso tasso di natalità e alti livelli di invecchiamento. I loro numeri sono ridotti a 6,5 milioni nel 2030 e a 5 milioni nel 2050. Secondo lo scenario pessimista, l’intero popolo ebraico raggiunge i 14 milioni nel 2030 e rimane fermo alle stesse dimensioni anche nel 2050.
Naturalmente, lo scenario reale più probabile si trova a metà strada fra queste alternative. È anche importante ricordare che vari settori della popolazione totale crescono a velocità diverse.
La composizione complessiva della società ne risulta trasformata. In Israele la percentuale di ebrei haredim crescere gradualmente, e anche se in misura minore, lo stesso avviene per il numero e la percentuale dei cittadini arabi palestinesi dello Stato. Anche nella Diaspora aumenta notevolmente la percentuale delle comunità di haredim.
I numeri in aumento rappresentano una grande sfida in termini di infrastrutture e di qualità dell’ambiente, ma buone soluzioni non sono impossibili se consideriamo il caso di Singapore, dove la densità di popolazione è molto maggiore rispetto a quella di Israele, o anche l’Arizona dove in un ambiente desertico identico a quello del Negev vivono oltre 5 milioni di persone. Poi ci sono le minacce dell’ayatollah Khamenei che annuncia che fra 25 anni Israele non esisterà più. Quello che è certo è che fra 25 anni non esisterà più Khamenei. Soprattutto, è essenziale che chi di dovere nel sistema politico israeliano prenda le decisioni giuste per affrontare correttamente il futuro demografico previsto nel 2050, perché il 2050 arriverà.
Sergio Della Pergola, Università Ebraica di Gerusalemme
Pagine Ebraiche, ottobre 2015
(30 settembre 2015)