Israele – I timori per una nuova intifada
La violenza non si ferma
Siamo di fronte alla Terza intifada? È l’interrogativo che corre sui media israeliani riguardo alle ultime violenze che hanno colpito il paese. Nelle scorse ore nuovi attacchi hanno segnato la quotidianità d’Israele: A Petah Tikvah, città nei pressi di Tel Aviv, un palestinese ha accoltellato un ragazzo di 25 anni, ricoverato immediatamente al vicino ospedale Beilinson. Secondo le ricostruzioni l’uomo, un trentenne di Hebron, appena sceso dal bus poco lontano dal trafficato centro commerciale ha aggredito la vittima, colpita alla parte superiore del torso e ora in condizioni stabili. Si tratta della terza aggressione con coltello compiuta nelle ultime ventiquattro ore contro civili e soldati israeliani. A Gerusalemme una ragazza palestinese armata di coltello ha aggredito un uomo nei pressi della Porta dei Leoni, proprio il luogo dove sabato sera due israeliani sono stati accoltellati a morte da un altro palestinese. La vittima aveva con sé una pistola ed è riuscita ad estrarla, colpendo la donna, poi ricoverata in gravi condizioni in ospedale. A distanza di poche ore da questo episodio, una nuova aggressione ha portato al ferimento di un soldato israeliano a Kiryat Gat, nel sud del Paese: un uomo palestinese ha attaccato con un coltello il soldato, riuscendo a sottrargli l’arma di servizio per poi nascondersi in un’abitazione. Sul posto è intervenuta la polizia e ne è nato uno scontro a fuoco nel corso del quale l’aggressore è stato ucciso. Diversi poi gli episodi violenti che hanno visto dimostranti palestinesi lanciare pietre e molotov contro auto di civili israeliani e contro la polizia. Nel corso della mattinata una donna ha riportato ferite lievi dopo che la sua auto era stata investita dal lancio di sassi sulla strada tra gli insediamenti di Tekoa e Har Homa. La vittima, trentotto anni, ha raccontato che i dimostranti hanno cercato di tirarla fuori con la forza dalla sua auto e di essere riuscita a scappare. Nella notte la polizia di frontiera ha sequestrato nel quartiere At-Tur di Gerusalemme quindici bombe incendiarie mentre a Jaffa sei agenti hanno riportato ferite lievi dopo essersi scontrati a Jaffa con decine di manifestanti arabi israeliani, scesi in strada per protestare contro le tensioni a Gerusalemme e nella West Bank. Se tutto questo possa essere riassunto nel termine Terza Intifada non è chiaro. Vista l’escalation di violenza il Primo ministro Benjamin Netanyahu, sotto la cui residenza da giorni va in scena la protesta di residenti degli insediamenti che chiedono maggiore sicurezza, ha dovuto cancellare la visita prevista per giovedì a Berlino e legata alle celebrazioni del 50esimo anniversario dei rapporti tra Israele e Germania. A margine dell’ultima riunione di sicurezza tenuta da Netanyahu con, tra gli altri, il ministro della Difesa Moshe Yaalon e il sindaco di Gerusalemme Nir Barkat, il premier ha dichiarato:
“Siamo nel mezzo di un’ondata di terrore. Stiamo prendendo decisi provvedimenti contro terroristi, dimostranti e chi istiga alla violenza”. “Useremo tutti i metodi e le misure necessarie per combattere il terrorismo” ha ribadito Netanyahu.
In un’intervista pubblicata oggi dal quotidiano israeliano Haaretz, il presidente dell’Autorità nazionale palestinese Mahmoud Abbas sostiene di non volere lo scoppio di una terza intifada e comunque una escalation di violenza ma accusa Israele per quanto sta accadendo, tacendo sugli attacchi terroristici delle socrse ore. “Noi non lottiamo perché ci sia violenza e non agiamo perché questa aumenti – afferma Abbas – ma l’aggressione contro la moschea Al-Aqsa e contro i fedeli conducono lì. Stiamo cercando di agire perché le cose non peggiorino”. Secondo Abbas dunque la responsabilità degli ultimi avvenimenti ricade interamente su Israele in particolare a seguito degli scontri delle scorse settimane nei pressi del Monte del Tempio o Spianata delle Moschee, sito su cui, secondo la propaganda palestinese, il governo di Gerusalemme vorrebbe intervenire per cambiare lo status quo. L’esecutivo, per bocca dello stesso Netanyahu, ha più volte negato questa eventualità, ribadendo che Israele non ha interesse a modificare la situazione. Un punto che anche il presidente d’Israele Reuven Rivlin ha voluto chiarire, parlando con i membri dell’Associazione stampa estera, sottolineando che Gerusalemme non vuole modificare lo status quo del Monte del Tempio ma che il rispetto del luogo deve avvenire da entrambe le parti. “Siamo costretti a vivere insieme, siamo destinati a farlo – ha dichiarato Rivlin riferendosi ai palestinesi – Devono capire che Israele è una realtà e devono rispettare il fatto che sia uno Stato tra le nazioni”.
d.r
(7 ottobre 2015)