Israele – Il gas e la corsa verso l’accordo
Alla saga del gas israeliano si aggiunge un altro capitolo con le dimissioni del ministro dell’Economia Aryeh Deri, leader del partito religioso Shas. Il suo passo indietro apre le porte al Premier Benjamin Netanyahu, che ne prende il posto all’Economia, per approvare l’accordo quadro sulla gestione dei giacimenti di gas a largo delle coste israeliane, un documento al centro del dibattito politico nel Paese e a cui Deri si era rifiutato di dare il proprio benestare. L’ultima versione dell’accordo, stipulato con l’americana Noble Energy e l’israeliana Delek group, si propone di mitigare la posizione di monopolio delle due le società e di consentire lo sviluppo della riserva di gas Leviathan. Una posizione di monopolio che, nonostante le modifiche, era stata criticata dalla commissione anti-trust, che chiedeva misure più stringenti. Da qui la richiesta del governo a Deri di utilizzare il potere a disposizione del ministro dell’Economia per aggirare il veto dell’anti-trust. Un potere che il leader di Shas si è rifiutato di esercitare e che ha portato alle sue dimissioni, decise comunque in sintonia con il Premier Netanyahu (in cambio della rinuncia del ministero economico, infatti, Deri ha ottenuto l’incarico di ministro delle Periferie). Ora sarà il Primo ministro a portare avanti il discorso e l’accordo nei prossimi giorni dovrebbe arrivare alla Commissione economica della Knesset per la prima valutazione. La premura di Gerusalemme, e di Netanyahu in primis, è quella di accelerare il più possibile la ratifica in modo da portare avanti il progetto – già in grande ritardo rispetto alla tabella di marcia – di sviluppo dei giacimenti e di esportazione del gas a Paesi terzi. Come spiega sul numero di Pagine Ebraiche in distribuzione l’economista Aviram Levy, a sparigliare le carte israeliane ci ha pensato la recente scoperta, da parte dell’italiana Eni, di un gigantesco giacimento di gas a largo delle coste egiziane.
Quando il vicino trova un giacimento di gas
Quando nei mesi scorsi l’amministratore delegato dell’Eni ha annunciato che l’azienda aveva scoperto un colossale giacimento sottomarino di gas naturale al largo delle coste egiziane, era risultato subito evidente agli osservatori che questa scoperta era un’ottima notizia per l’economia egiziana e per l’azienda italiana ma lo era molto meno per il settore del gas israeliano. Le dimensioni del nuovo giacimento egiziano sono in effetti ragguardevoli: l’equivalente di 5,5 miliardi di barili di petrolio, sufficienti a partire dal 2017 a soddisfare i consumi dell’Egitto per almeno 10 anni, eliminando per questo paese la necessità di importare gas dall’estero. La scoperta di questo giacimento e il raddoppio del canale di Suez, inaugurato pochi mesi fa, forniranno uno stimolo importante all’economia egiziana, caratterizzata negli ultimi anni da una bassa crescita, elevati disavanzi della bilancia dei pagamenti e da un’alta disoccupazione. Purtroppo la scoperta del gas egiziano ha messo in grosse difficoltà il progetto israeliano di estrarre gas dal giacimento Leviatan, le cui dimensioni sono del 30% inferiori a quelle del giacimento egiziano. Le trivellazioni per l’estrazione del gas da Leviatan non sono ancora partite a causa delle divergenze tra il governo e il parlamento israeliano riguardo alla scelta delle società a cui affidare la concessione (attualmente le imprese assegnatarie sono l’americana Nobel e l’israeliana Delek) nonché il prezzo “equo” per l’assegnazione di quest’ultima, un prezzo che da un lato consenta alle società estrattrici di effettuare gli ingenti investimenti necessari e dall’altro assicuri che gli utili vadano nelle casse dello Stato, a beneficio dei contribuenti e non di aziende private. Quand’anche le autorità uscissero dall’impasse politica che sta bloccando Leviatan, rimarrebbe il problema di trovare acquirenti alternativi per il gas israeliano: il progetto di fattibilità industriale del giacimento di Leviatan poggiava infatti sulla possibilità di vendere circa metà della produzione di gas all’Egitto. Le autorità israeliane hanno dichiarato che confidano di trovare acquirenti alternativi (oltre alla Giordania, che rimane tra i potenziali acquirenti ma potrebbe fare dietrofront per motivi di politica interna), ma il forte calo delle quotazioni di Borsa delle azioni Noble e Delek e, più in generale, la sovrapproduzione di gas a livello mondiale lasciano pensare che tale ricerca non sarà facile. Il candidato naturale ad acquistare il gas di Leviatan sarebbe l’Europa, per vicinanza geografica e facilità di trasporto, ma questa regione sta riducendo i consumi. In conclusione, sebbene la scoperta del giacimento di gas egiziano possa sembrare una pessima notizia per Israele, a uno sguardo più attento e più lungimirante non lo è del tutto: il benessere che i giacimenti di gas, unitamente al raddoppio del canale di Suez, porteranno all’Egitto, renderà quasi certamente il paese più stabile politicamente e meno esposto al rischio di moti popolari e proteste di piazza, rendendolo un partner politico-diplomatico più affidabile per Israele, cosa non da poco in una regione in preda a convulsioni e guerre civili.
Aviram Levy, economista, Pagine Ebraiche Novembre 2015
(2 novembre 2015)