Russia-Israele, nuovi equilibri
Appena si è sparsa la notizia dell’abbattimento da parte turca di un aereo militare russo, la domanda più frequente era, come risponderà Mosca a questo affronto? Chi si aspettava inverosimili ritorsioni militari è rimasto deluso. Il presidente russo Vladimir Putin ha infatti scelto di colpire Istanbul attraverso l’arma economica. E tra i primi a beneficarne, troviamo Israele, che da tempo lavora per rafforzare gli scambi commerciali con la Russia. A Gerusalemme devono aver accolto con un sorriso l’annuncio del ministro dell’Agricoltura russo Alexander Tkachyov della parziale sospensione delle importazioni di prodotti ortofrutticoli dalla Turchia. Tkachyov ha infatti dichiarato che il suo paese sostituirà la verdura importata dalla Turchia (360mila tonnellate solo i pomodori) con quella proveniente da Israele, Marocco, Azerbaijan e Uzbekistan. Un sorriso invece agli israeliani l’avrà tolto la presenza nell’elenco del nemico storico di Gerusalemme, l’Iran, tra i paesi con cui il Cremlino da tempo fa affari. Questo rapporto è uno dei tanti esempi della contraddittoria influenza che Mosca esercita sul Medio Oriente: da una parte stringe legami commerciali con Israele, collabora con i suoi vertici militari sul fronte dell’intelligence in Siria, dall’altra, proprio in Siria, appoggia il regime di Assad – con cui lo Stato ebraico è ufficialmente in guerra – e ammicca al regime di Teheran, lo stesso che promette di cancellare “i sionisti” (nella definizione dell’Ayatollah Khameini) dalla faccia della Terra.
Ma “business is business” e Israele lo sa bene. Solo una settimana fa il ministro dell’Agricoltura Uri Ariel annunciava con soddisfazione che la Russia “aprirà le porte” all’importazione di pollame prodotto dall’industria israeliana. Un’ottima notizia per una realtà che esporta già oltre due milioni di prodotti in 31 diversi paesi del mondo. “È una grande opportunità”, ha dichiarato Ariel, lanciando al contempo una stoccata all’Unione Europea per la sua decisione di etichettare i prodotti provenienti dagli insediamenti israeliani al di là dei confini del ’67. “Questo è un altro esempio, di fronte al boicottaggio portato avanti dall’Unione Europea, dell’attività del governo di aprire le esportazioni ad altri paesi”, le dichiarazioni del ministro riguardo alla nuova intesa siglata con la Russia.
Quando si parla dei rapporti tra questi due Stati, non si può non menzionare l’imponente immigrazioni negli anni ’90 dai paesi dell’ex Unione Sovietica in Israele. Circa un milione di persone in quegli anni fecero l’aliyah (letteralmente “salita” in Israele), rivoluzionando il volto demografico dello Stato ebraico e diventando parte consistente dell’ossatura del paese. La diffusione del russo, peraltro, è una delle carte che il ministro del Turismo di Gerusalemme sta giocando per incentivare l’arrivo di turisti da Mosca, San Pietroburgo e così via. Putin ha avvisato i suoi cittadini che la Turchia – meta lo scorso anno di oltre due milioni di visitatori russi – non è più un paese sicuro e centinaia di pacchetti viaggio verso le coste turche sono stati bloccati. L’israeliana Eylat si è subito proposta come alternativa e diversi progetti di collaborazione sono stati messi sul tavolo.
Mentre i rapporti economici in Medio Oriente fanno il loro corso, a prendersi la prima pagina è sempre la Siria: Putin ha stretto un patto di collaborazione in funzione anti-Isis con la Francia. I suoi soldati sono già sul campo e costituiscono una presenza complessa da gestire per Israele, impegnata in questi mesi in bombardamenti mirati, non ufficiali, sul suolo siriano, in particolare per bloccare eventuali rifornimenti al movimento terroristico di Hezbollah (organizzazione che agisce nel sud del Libano, finanziata dal regime di Assad e impegnata a colpire lo Stato ebraico). Per questo il Premier Benjamin Netanyahu settimane fa è volato d’urgenza a Mosca per capire quali fossero i piani del Cremlino, dopo l’annuncio del dispiegamento di forze in Siria. “I russi sono un attore nuovo e centrale qui – ha dichiarato un ufficiale dell’aviazione israeliana ai media locali – e noi cerchiamo di tenere le cose separate. Loro fanno i loro affari e noi facciamo i nostri. Siamo di fronte a una grande potenza e la nostra politica è di non attaccare nessun russo. La Russia – chiarisce l’ufficiale – non è un nemico. Noi cerchiamo di evitare contrasti, e così fanno loro”.
Daniel Reichel
(27 novembre 2015)