Israele – Kotel, la sezione egalitaria
non ferma le polemiche

kotelIl compromesso siglato dal governo israeliano sul Kotel, il Muro Occidentale dell’antico Tempio di Gerusalemme, è stato definito storico dai media israeliani: la decisione porterà alla realizzazione di una nuova area definita egalitaria in cui uomini e donne dei movimenti dell’ebraismo Conservative e Reform potranno pregare insieme. Il sito sorgerà nell’area archeologica dove si trova l’Arco di Robinson, a sud della sezione gestita dal Rabbinato centrale d’Israele in cui vigono le regole dell’ortodossia, tra cui la divisione tra uomini e donne (mehitza). Ma non tutti sono d’accordo con questo provvedimento, sia nel mondo ortodosso sia nel mondo cosiddetto progressive, e il dibattito sul tema rimane acceso ed aperto. “Perché il Kotel è un problema così grande? Perché è il sito religioso e nazionale più importante. Non c’è nessun luogo al mondo che sia il più vicino a Dio e al contempo includa tutta la nostra storia, dal regno di Davide alla guerra dei Sei giorni”. Così il presidente dell’Agenzia Ebraica Natan Sharansky spiegando perché tutto ciò che riguarda il Muro Occidentale sia profondamente delicato per il mondo ebraico.
La cosiddetta nuova “sezione egalitaria” è il frutto di un accordo avviato nel 2013 proprio da Sharansky e dall’allora segretario di Gabinetto Avichai Mandelblit con i rappresentanti del movimento Conservative e Reform, della Western Wall Heritage Foundation (a cui è affidata la gestione del Muro Occidentale) e del movimento femminista religioso noto come Women of the Wall. Contro il provvedimento si sono espresse alcune autorità religiose ortodosse, in ultimo, il rabbino capo d’Israele David Lau che ha affermato, riporta il sito d’informazione Arutz 7, “che le vere donne del muro non sono le attiviste che distruggono la tradizione ebraica e che hanno scelto quel nome, ma le donne d’Israele che vengono ogni giorno e aprono il loro cuore con la preghiera”.
Anche il mondo ebraico cosiddetto progressista, che in generale ha accolto molto positivamente la notizia, ha però sentito alzarsi alcune voci contrarie. Secondo alcuni, come Alden Solovy, docente della Hebrew Union College, infatti il compromesso è una sconfitta perché significa “aver dato via il Kotel” e averlo lasciato nelle mani haredi, ovvero dell’ultraordossia. Questo perché l’accordo ha portato a una netta divisione delle gestioni delle diverse aree: la sezione egalitaria (vi era peraltlro già una sezione non ortodossa ma a cui era più complesso accedere) sarà affidata a una commissione di cui faranno parte Natan Sharansky, rappresentanti dei Reform e Conservative, delle Donne del Muro (Women of the Wall) e di altri gruppi. L’area ortodossa rimane invece sotto la gestione della Western Wall Heritage Foundation guidata dal rabbino Shmuel Rabinowitz e, secondo la tesi di Solovy e di chi ha opinioni simili, questo significa averla data vinta all’area più conservatrice dell’ortodossia. “Dal punto di vista dei haredi, siamo andati al fondo dell’autobus – accusa Solovy sulle pagine del Times Of Israel – Le donne sono state silenziate. Gli ebrei non-ebrei hanno lasciato volentieri la piazza del Kotel. Loro continueranno a pensare di poterci maltrattare nella sfera pubblica. E noi lo abbiamo appena accettato”.
“Ben venga la decisione del governo che non intacca la gestione del luogo così com’è sempre stata, dal 1967 (data in cui Israele riconquistò il controllo del Kotel) in avanti, ovvero come un Beth HaKnesseth ortodosso”, l’analisi di rav Pierpaolo Pinhas Punturello a Pagine Ebraiche. Il rav si dice di per sé favorevole alla creazione di questa nuova area mista, seppur lontana dalla sua concezione religiosa. Dall’altra parte, esprime scetticismo rispetto all’impatto che questa novità potrà avere sul tema del pluralismo religioso in Israele. “Tutto ciò non avrà un impatto sociale. Credo siano altre le battaglie civili da portare avanti, in cui peraltro quel mondo conservative avrebbe interesse a concentrarsi e in cui potrebbe affiancare una voce ortodossa già impegnata su quel fronte”.
Il provvedimento del governo israeliano è stato invece accolto come una vittoria da diverse voci dell’ebraismo americano, in cui le correnti non ortodosse sono le più numerose. “Una buona parte, se non la maggioranza, degli ebrei americani si identifica con i movimenti Reform e Conservative – ha spiegato Sharansky – e il fatto che non possano pregare vicino al muro con le stesse modalità con cui pregano nelle loro sinagoghe è visto come un rifiuto di Israele di riconoscere la loro legittimità come parte del popolo ebraico”.
“Nell’approvare questo piano, lo Stato riconosce piena uguaglianza al Kotel e l’imperativo della libertà di professione all’interno dell’ebraismo in Israele – si legge nel comunicato diffuso dalle attiviste del Women of the Wall – La creazione di una terza sezione del Kotel crea un forte precedente per lo status delle donne in Israele: donne che gestiscono un sito religioso, donne come leader, donne come una forza influente che non è ignorata o silenziata”. Il movimento, al cui interno vi sono diverse denominazioni religiose femministe, ha accettato di spostare la propria funzione religiosa mensile nella nuova zona mista appena sarà pronta.
In passato è accaduto che la polizia arrestasse o portasse via le donne che avevano tentato di pregare con tallit e kippah presso il Muro occidentale, un comportamento, spiegava su Pagine Ebraiche rav Paolo Sciunnach, poco rispettoso verso la sensibilità religiosa del luogo. “Il problema è complesso: si tratta di stabilire in che modo debba essere considerato il Kotel come luogo di culto. Effettivamente – scriveva Sciunnach – il muro del pianto è il luogo di preghiera più importante per tutti gli ebrei. Fede, cultura e storia si ritrovano tutte nel Muro occidentale, in quella mescolanza che rende la terra d’Israele così unica. Visitatori di ogni tipo (religiosi e laici) avvertono, in questo luogo, un legame speciale. Il muro del pianto, almeno finora, è stato sempre considerato un luogo di culto ortodosso. Pertanto le regole ivi vigenti sono le stesse che si ritrovano in un Beth haKnesset ortodosso, nel quale, appunto, sarebbe difficile immaginarvi la partecipazione alla preghiera da parte di gruppi ebraici non ortodossi”. “Tale deve rimanere la situazione nella parte principale antistante. – spiega il rav a Pagine Ebraiche – Credo che il posto più sacro del mondo ebraico dovrebbe rimanere rappresentativo proprio di quella spiritualità tipica del l’ebraismo ortodosso, considerato da sempre la forma di ebraismo storicamente più autentica”. “Detto questo, trovo veramente condivisibile la soluzione qui proposta: quella di ridefinire gli spazi lungo al muro, cercando di assegnare ad ogni sensibilità religiosa uno spazio separato di preghiera specifico, in modo da non arrecare disturbo agli altri, mentre la parte principale rimane ortodossa”.


Daniel Reichel