L’Autorità palestinese al collasso
e i rischi per la società israeliana

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Ai primi di marzo il ministro dell’Immigrazione Ze’ev Elkin è salito sullo stesso palco da cui sei anni fa il Primo ministro Benjamin Netanyahu (nell’immagine assieme ad Elkin) dava pubblicamente il suo appoggio alla soluzione dei due Stati, ma il suo messaggio è stato ben diverso. Nelle previsioni di Elkin, presto non ci sarà più una controparte con cui trattare: l’Autorità nazionale palestinese, l’organismo che controlla la Cisgiordania, sarebbe prossimo al collasso, secondo il ministro, e Israele dovrà quindi prepararsi a una nuova fase rispetto ai rapporti con i palestinesi. Intervistato dal giornalista di Yedioth Ahronoth Nahum Barnea, Elkin ha dichiarato che le possibilità che l’Anp imploda, viste le lotte intestine e la crisi economica in cui si trova, vanno dal “40 al 95 per cento”. “Israele non può ignorare questo sviluppo: deve prepararsi… – la posizione espressa dal ministro a Barnea – dicono che quanto sta accadendo (la crisi dell’Anp) non sia un processo politico. Non è vero. La PA sta cadendo a pezzi a causa di questioni politiche interne. Abu Mazen è stato il successore naturale di Arafat e ha consolidato la sua autorità dopo le elezioni presidenziali. Ma non vi è alcun successore naturale di Abu Mazen o un modo per tenere delle elezioni”. Le parole di Elkin non sono una novità: da tempo infatti gli analisti guardano con preoccupazione a quanto succede in Cisgiordania, dove le varie anime palestinese cercano di prenderne il controllo: dai terroristi di Hamas, agli uomini di Fatah e così via. Ma la situazione è resa ancor più complessa dall’ondata di nuovi attacchi terroristici palestinesi, iniziata lo scorso ottobre, contro civili e soldati israeliani. Secondo il capo dell’intelligence israeliana Herzl Halevi, accoltellamenti e aggressioni da parte di terroristi provenienti da Gerusalemme Est o dalla Cisgiordania non sono strettamente connessi alla leadership palestinese e all’istigazione da parte delle autorità di Ramallah. Halevi aveva espresso questa sua analisi, riporta il quotidiano Haaretz, al gabinetto di sicurezza israeliano lo scorso novembre. Per il generale, i leader dell’Autorità Palestinese hanno poca influenza sugli aggressori, soprattutto sui giovani (fascia di età in cui rientra la maggior parte degli attentatori che da ottobre a oggi hanno colpito), che non hanno nessuna fiducia in loro, scrive il quotidiano. Halevi sottolineava come da una parte il presidente Mahmoud Abbas, nelle scorse ore tornato al centro delle polemiche, abbia ordinato agli uomini della sicurezza dell’Anp di contrastare gli attacchi contro gli israeliani ma dall’altra vi siano dei “rami interni” all’organizzazione stessa che cercano di avere un grado di influenza negli attacchi. Un’ambivalenza incarnata dallo stesso Abbas a cui il vicepresidente Usa Joe Biden, in questi giorni in visita in Israele, ha chiesto chiaramente di condannare gli attacchi palestinesi, definendo il suo silenzio intollerabile. Ma il presidente palestinese, evidentemente nel tentativo di recuperare credito nella popolazione, ha invece definito “martiri” quei terroristi uccisi mentre aggredivano le forze di sicurezza israeliana. Abbas cerca di ritornare in sella ma il problema, secondo Elkin, è la direzione presa dal cavallo: l’Autorità palestinese corre verso il burrone e presto vi cadrà, la sua previsione. Per fare fronte a questa crisi, secondo il ministro israeliano, Israele dee iniziare a intessere legami con i comitati dei vari villaggi palestinesi e lavorare da lì sulla riorganizzazione. Il problema, come rileva Barnea, è che l’esercito israeliano non ha intenzione di farsi carico della gestione dei palestinesi della Cisgiordania, perché significherebbe un immenso investimento di uomini e denaro. Il giornalista la pone in questi termini: “Il dilemma è questo. Quando non c’è un orizzonte politico, l’Anp diventa debole. Quando l’Anp diventa debole, rischia di di collassare. Se rischia di collassare, Israele non sarà al sicuro. L’Anp non è un nostro sub-appalto; stiamo lavorando per noi”.

d.r.

(10 marzo 2016)