Da Gerusalemme fino a Istanbul, la mano del terrorismo islamico
Le salme di Simcha Damari, Jonathan Shor e Avraham Goldman sono arrivate nelle scorse ore in Israele. Attorno alle loro famiglie si stringe tutto il Paese, vittime di quel terrorismo che non lascia tregua neanche oltre confine. I tre erano insieme a Istanbul, con un gruppo di una dozzina di israeliani, per un viaggio gastronomico nella città sul Bosforo. Mentre passeggiavano per la centrale via Istiklal, è arrivata l’esplosione che ha preso le loro vite e quella di un uomo iraniano: a farsi saltare in aria, hanno dichiarato gli investigatori turchi, è stato Mehmet Öztürk, un jihadista con legami con lo Stato islamico. Non è chiaro se l’obiettivo del terrorista fossero proprio i turisti israeliani – nell’attentato altri 11 israeliani sono rimasti feriti, alcuni dei quali sono stati portati in patria per le cure (oltre 30 i feriti totali dell’attentato) – ma la situazione di grande tensione preoccupa le autorità israeliane che hanno invitato oggi i propri concittadini a lasciare la Turchia o, per chi parte da Tel Aviv, a cambiare destinazione.
Al momento – seppure l’identificazione di Öztürk- non è ancora arrivata una rivendicazione per l’attentato di Istanbul, compiuto a sei giorni di distanza dall’attacco terroristico ad Ankara. A colpire nella capitale turca, era stata una fazione di ribelli curdi che aveva fatto esplodere un’autobomba in una piazza affollata, uccidendo 35 persone.
Il primo ministro Ahmet Davutoglu ha inviato le sue condoglianze alle famiglie delle vittime israeliane. “Combatteremo con determinazione e perseveranza fino a che ogni forma di terrorismo sarà sradicata”, la promessa di Davutoglu.
Secondo le autorità di Ankara, Öztürk, ventiquattrenne della provincia di Gaziantep, era nella lista degli affiliati turchi allo Stato islamico ed era di recente tornato in patria dopo aver combattuto in Siria nelle fila dell’Isis.
(20 marzo 2016)