Israele – Uno spiraglio per i negoziati
Il Primo ministro d’Israele Benjamin Netanyahu ha invitato nelle scorse ore il presidente dell’Autorità nazionale palestinese Abu Mazen a venire a Gerusalemme per parlare dei negoziati di pace. “Pochi giorni fa, alla televisione israeliana, ho sentito il presidente Abbas (Abu Mazen) dire che se lo avessi invitato, sarebbe venuto – ha dichiarato Netanyahu a margine di un incontro con il ministro degli Esteri della Repubblica ceca, Lubomir Zaoralek – Ho cancellato i miei programmi di questa settimana. Qualunque giorno in cui vorrà venire, io sarò qui ad attenderlo”. Intervistato dalla giornalista Ilana Dayan dell’emittente televisiva Arutz 2, il leader dell’Anp aveva infatti dichiarato di essere pronto a incontrare Netanyahu “in qualunque momento” e di considerare il Premier israeliano “il partner per la pace”. I due si erano incontrati quasi per caso a dicembre al summit sull’ambiente di Parigi. Lo scambio di una diplomatica stretta di mano – immortalata dai fotografi dell’Associated Press – aveva fatto pensare a una possibile evoluzione nei rapporti sul fronte dei negoziati di pace, congelati dal 2014. “Solo una questione di protocollo – aveva precisato allora Netanyahu, aggiungendo che “è importante che il mondo veda che noi siamo sempre disponibili per parlare. Ma, d’altra parte, non mi faccio illusioni su Abu Mazen”. Allora così come nella sua dichiarazione delle scorse ore, il Premier ha aperto la porta al presidente dell’Anp ma ha messo come priorità di un eventuale incontro la questione della violenza palestinese. “Il primo tema che voglio discutere con lui è la fine dell’istigazione palestinese contro Israele. La mia porta è sempre aperta per coloro che vogliono arrivare alla pace con Israele”, le parole del capo di governo.
Secondo Gerusalemme la leadership palestinese non ha fatto abbastanza per fermare l’ondata di attacchi terroristici palestinesi contro civili e forze di sicurezza israeliane, e anzi in alcuni casi l’ha istigata. Il bilancio di queste violenze parla di 33 vittime degli attentati (29 cittadini israeliani, 4 stranieri) e 188 palestinesi uccisi. In riferimento a questi ultimi, dichiarano le autorità israeliane, si tratta per la maggior parte degli aggressori.
Durante l’intervista alla Dayan, Abu Mazen ha sostenuto che, se non fosse per le forze di sicurezza sotto il suo controllo in Cisgiordania, gli attacchi contro Israele sarebbero stati molto più frequenti. Ha negato di istigare i giovani palestinesi ad aggredire e ha detto che gli israeliani non sono consapevoli degli sforzi dell’Anp per evitare accoltellamenti. Un punto su cui sembrano essere d’accordo i vertici militari israeliani. Secondo il capo dell’intelligence israeliana Herzl Halevi, accoltellamenti e aggressioni da parte di terroristi provenienti da Gerusalemme Est o dalla Cisgiordania non sono strettamente connessi alla leadership palestinese e all’istigazione da parte delle autorità di Ramallah. Halevi aveva espresso questa sua analisi, riporta il quotidiano Haaretz, al gabinetto di sicurezza israeliano lo scorso novembre. Per il generale, i leader dell’Autorità Palestinese hanno poca influenza sugli aggressori, soprattutto sui giovani (fascia di età in cui rientra la maggior parte degli attentatori che da ottobre a oggi hanno colpito), che non hanno nessuna fiducia in loro, scrive il quotidiano. Halevi sottolineava come da una parte il presidente Mahmoud Abbas, nelle scorse ore tornato al centro delle polemiche, abbia ordinato agli uomini della sicurezza dell’Anp di contrastare gli attacchi contro gli israeliani ma dall’altra vi siano dei “rami interni” all’organizzazione stessa che cercano di avere un grado di influenza negli attacchi.
Daniel Reichel
(5 aprile 2016)