Israele – Nuove parole per una nuova epoca

Academy-Hebrew-Language-inauguration Mentre alla Crusca ancora si dibatte sulla parola ‘petaloso’ e l’Académie Française accoglie la sua nuova anima rock, come è stato definito il nuovo membro dei suoi quaranta cosiddetti Immortali Marc Lambron, giornalista e scrittore insignito del titolo questa settimana, anche l’Accademia della lingua ebraica ha coniato una serie di nuove parole e compiuto la sua svolta all’insegna della modernità. Molti tra i nuovi termini che entrano dunque ora a far parte del lessico ebraico, appena annunciati dall’istituzione, servono infatti per sostituire equivalenti inglesi, per lo più riferiti al mondo della tecnologia e dell’informatica.
E così da oggi ‘hashtag’ si dice ‘tag hakbatza’ che letteralmente significa una etichetta di gruppo, ‘screenshot’ diventa ‘tazlum matzag’, e ‘feed’ si traduce in ‘hezen’. Il meccanismo è in generale quello del calco semantico, una sorta di traduzione letterale, come avviene ad esempio anche in ‘netunei atek’ che prende il posto di ‘big data’, le grandi raccolte di dati la cui analisi è molto diffusa per redigere analisi di mercato. Accanto a questo, come in molti casi di formazione lessicale, entra in gioco anche il meccanismo dell’analogia, come è stato fatto ad esempio per tradurre la parola ‘ransomware’, che indica particolari tipi di virus che richiedono un pagamento dall’utente per rimuovere le limitazioni causate dall’infezione. Dalla traduzione ebraica della parola ‘ransom’, riscatto, ‘cofer’, è stata dunque fatta derivare la parola ‘cofra’.
Qualche novità riguarda inoltre anche settori non strettamente legati alle nuove tecnologie. E così ‘conformismo’ si dice ora ‘talmanut’ (e ‘conformista’ si dice ‘talman/talmanit’ rispettivamente al maschile e al femminile), ed è stato fatto derivare dalla parola ‘telem’, che significa ‘sentiero’. ‘Bunker’ diventa invece ‘mivtzor’, una parola la cui etimologia è quella di ‘mivtzar’, ‘fortezza’. Gli adesivi per paraurti infine, in inglese ‘bumper stickers’, si chiameranno infine ‘divkit’, da ‘devek’ che vuol dire ‘colla’.
Da quando l’Accademia della lingua israeliana è nata nel 1953 all’Università Ebraica di Gerusalemme – evolutasi direttamente dalla Vaad Halashon Havrit, la Commissione per la lingua ebraica fondata nel 1890 da Eliezer Ben Yehuda, considerato il pioniere dell’ebraico moderno – il suo lavoro è stato strettamente legato alla creazione di un’identità nazionale. Per questo, nel dare nuova vita all’ebraico antico, il criterio con cui operare ideato da Ben Yehuda stesso è sempre stato simile. E cioè, individuata a parola di cui l’ebraico ha ancora bisogno, in quanto inesistente o peggio esistente sotto forma di prestito da qualche lingua europea parlata dagli immigrati in Israele o più recentemente come in questo caso dall’inglese, procedere con una accuratissima ricerca filologica per scovare e riscoprire una parola di origine semitica nell’enorme patrimonio costituito dalla letteratura ebraica di tutte le epoche, dalla Bibbia agli antichi testi religiosi alla produzione artistica successiva.
Accanto a questo, qualunque cittadino israeliano può suggerire parole all’Accademia, come ha fatto anche in Italia il piccolo Matteo con la sua buffa richiesta che ha fatto il giro del paese. Nel tempo alcuni dei nuovi termini introdotti, che spesso vengono annunciati per la prima volta nel notiziario radiofonico Israel Radio, hanno preso piede, mentre altri sono caduti nel dimenticatoio. E del resto, come anche la Crusca ha spiegato al giovane inventore di ‘petaloso’, solo il tempo potrà dire se una parola è destinata a entrare nell’uso dei cittadini, e quindi dei vocabolari.

Francesca Matalon twitter @fmatalonmoked

(Nell’immagine, l’inaugurazione dell’Accademia della lingua ebraica)

(17 aprile 2016)