Oltremare – “Who by Fire”

fubiniQuando si lascia la strada vecchia per quella nuova, si sa quel che si lascia ma non quel che si trova. Mi è venuto in mente questo proverbio quando per la prima volta mi sono trovata in una sinagoga americana per Kippur, e nessuno mi aveva mai raccontato che i poveri ashkenaziti non hanno la stessa Neilà di tutti noialtri buoni ebrei italiani o sefarditi di ogni grado e secolo di origine, e solo al suono dello shofar ho capito che niente, nessun Chazan avrebbe intonato “El Nora Alila” facendo con ciò iniziare la chiusura dei cancelli del cielo. Traumi che restano con noi frequentatori di templi in tutto il globo, e infatti dopo l’aliyah mi sono subito organizzata una lista mentale e geografica dei recitatori di “El Nora Alila” che posso disegnare a memoria per zona di Tel Aviv all’occorrenza.
Al contrario invece, trovandomi a Rosh HaShana una volta a Tel Aviv in un tempio ashkenazita (lo so, persevero, ma era il mio primo anno qui) ho avuto una esperienza opposta, di aggiunta invece che sottrazione, quando il Chazan ha intonato il tradizionale poema “Un’taneh Tokef” usando una melodia inattesa, che mi era famigliare ma non sapevo perché. Dopo la prima strofa sono restata a bocca aperta, mentre collegavo neuroni che non si erano mai incontrati prima, e capivo che stavo sentendo in un tempio ortodosso, anzi Yeke, da un Chazan con tanto di vestaglia bianca molto, ma molto formale, quella che suonava come la versione lenta e precisa in ebraico di “Who by fire” di Leonard Cohen.
Da allora frequento poco luoghi di preghiera ashkenaziti, perché a tutto c’è un limite, ma quell’”Un’taneh Tokef” modernizzato ed ingentilito dalla memoria che si portava dietro di una voce d’oro inimitabile, profonda come il mare, mi è rimasto sempre in testa. Leonard Cohen, che ha benedetto con la Birkat Cohanim gli spettatori durante il suo ultimo concerto a Tel Aviv, se ha mai saputo di quella cover sinagogale, nella distanza siderale fra le sinagoghe e la sua vita, probabilmente ha apprezzato. So long, Leonard.

Daniela Fubini, Tel Aviv Twitter @d_fubini

(14 novembre 2016)