Israele, Hezbollah nel mirino

Nella notte Israele ha colpito un aeroporto militare nei pressi di Damasco. Ad affermarlo, diversi media arabi mentre né le autorità siriane né Israele hanno confermato l’accaduto. Si tratta del secondo attacco in terra siriana imputato a Gerusalemme in una settimana: lo scorso 30 novembre infatti il governo di Bashar al-Assad ha accusato l’aviazione israeliana di aver colpito una località nella periferia occidentale della Capitale. Obiettivo del raid sarebbe stato un deposito di armi del movimento terroristico libanese Hezbollah. Ed è proprio Hezbollah, che in Siria combatte al fianco di Assad ed è sostenuto dal regime iraniano, a costituire una delle più attuali preoccupazioni dell’intelligence israeliana. Pochi giorni fa l’account ufficiale di Tsahal (l’esercito israeliano) ha pubblicato sui social network una mappa in cui sono evidenziate le posizioni, le infrastrutture e gli armamenti di Hezbollah nei pressi del confine dello Stato ebraico.
Come ha spiegato il canale televisivo israeliano Arutz 2, dalla mappa si evince che il gruppo terroristico libanese ha fatto diventare oltre 200 tra città e villaggi sue basi operative, e mostra oltre 10mila potenziali bersagli per Israele in caso di una nuova guerra con Hezbollah. Dai vertici di Tsahal però non si vuole diffondere allarmismo: sei mesi fa il capo dell’intelligence dell’esercito, il general maggiore Herz Halevi, aveva già sottolineato come le autorità di Gerusalemme sono preparate a un conflitto con il gruppo libanese, uscito molto indebolito dalla guerra di Libano del 2006. “Siamo pronti, come ogni esercito dovrebbe essere di fronte a un possile conflitto”, aveva detto Halevi pur sottolineando che una nuova guerra sarebbe diversa da quella combattuta sei anni fa.

“Il ruolo dell’intelligence è molto più significativo che in passato”, spiegava il generale Halevi davanti al pubblico della Conferenza dedicata alla sicurezza di Herzelya. Hezbollah, e alle sue spalle l’Iran, sono impegnati a ridurre il gap che su questo fronte li divide da Gerusalemme. Il capo dell’intelligence militare ha ricordato i 100mila missili in mano ai terroristi libanesi, capaci di colpire ovunque in Israele, ribadendo d’altra parte come Tsahal sia pronta per un nuovo conflitto. Il problema è la situazione siriana: qui Hezbollah è intervenuto dall’inizio nella guerra al fianco di Assad, e sta guadagnando sempre più esperienza militare grazie al suo impegno sul campo. Diversi servizi israeliani mostrano come il gruppo abbia più volte perlustrato le zone sul Golan siriano: uomini camuffati da civili si sono avvicinati e hanno fotografato al di là del confine per accumulare informazioni sulle posizioni israeliane.
Nelle scorse ore, durante un incontro con gli inviati dell’Unione Europea – in Israele per discutere di affari del Medio Oriente – , il ministro della Difesa Avigdor Lieberman ha detto che il Paese è impegnato “in primo luogo a mantenere la sicurezza dei nostri cittadini e proteggere la nostra sovranità, cercando di impedire il contrabbando di armi sofisticate, attrezzature militari e armi di distruzione di massa dalla Siria a Hezbollah”. Un riferimento indiretto ai due attacchi nei pressi di Damasco. Del resto uno dei punti di discussione tra il Premier israeliano Benjamin Netanyahu e il presidente russo Vladimir Putin, che appoggia Assad, è stata trovare un accordo – poi raggiunto – per dare mano libera a Tsahal di colpire Hezbollah in Siria. Gerusalemme, ha ribadito Lieberman, non intenzione di intervenire nella guerra civile siriana ma ha anche preso posizione su Assad e sull’Iran: per il ministro, finito il conflitto, devono essere messi alla porta della Siria. Una cosa difficile da prevedere, come racconta il Washington Post, secondo cui anzi l’Iran e le milizie sostenute dal Paese sciita – tra cui Hezbollah – stanno diventando molto forti e radicate sul territorio, tanto che lo stesso Assad non potrò, volente o nolente, farne più a meno.

Daniel Reichel