Israele – Legge sugli insediamenti,
il confronto è aperto

Schermata 2017-02-07 alle 14.40.07C’è chi parla di circa 2mila, chi di 4mila. Non è ancora chiaro il numero definitivo degli insediamenti israeliani a cui si potrà applicare la legge approvata ieri dalla Knesset – il parlamento israeliano – che sancisce la possibilità per lo Stato di confiscare terreni di proprietà palestinese e trasferirla a cittadini israeliani. La norma è stata definita dai media come una sanatoria degli insediamenti perché ha valore retroattivo, e legalizza di fatto gli avamposti israeliani presenti in Cisgiordania. La legge non espropria automaticamente i proprietari palestinesi, a cui è previsto sia offerto un altro terreno oppure la possibilità di riscuotere un affitto annuale pari al 125 per cento del valore di affitto in condizioni normali.
Il Primo ministro Benjamin Netanyahu, secondo i media, aveva avvertito in passato della possibilità che il provvedimento normativo metta in difficoltà Israele sul piano internazionale. Netanyahu ha comunque dato il suo benestare all’approvazione della legge definita di Regolamentazione. Un nome dettato dal fatto che la norma regolamenta appunto la situazione degli insediamenti, almeno fino a che non si troverà una soluzione diplomatica definitiva sullo status dei territori in questione. Diversi governi hanno criticato l’iniziativa israeliana, tra cui quello britannico: a 24 ore dall’incontro tra Netanyahu e la Premier Theresa May a Londra, il ministro britannico per il Medio Oriente Tobias Ellwood ha condannato la scelta di Gerusalemme “Come amico di vecchia data di Israele, condanno il passaggio della Legge di regolarizzazione votata dalla Knesset, – ha dichiarato Ellwood – che danneggia la posizione di Israele con i suoi partner internazionali”. “Siamo molto preoccupati che il disegno di legge apra la strada per una crescita significativa negli insediamenti in Cisgiordania, minacciando la fattibilità della soluzione dei due Stati”. Durante l’incontro con May, Netanyahu aveva comunque ribadito l’adesione del governo di Gerusalemme alla soluzione dei due stati per due popoli.

(7 febbraio 2017)