Svegliare i leoni

bassanoUn medico investe con la propria jeep un migrante eritreo ed invece di soccorerlo fugge, da quel momento la sua vita cambierà completamente. In poche parole è la sinopsi di Svegliare i leoni (Giuntina, 2017), l’ultimo romanzo della scrittrice e psicologa israeliana Ayelet Gundar-Goshen. Un’opera con i tratti del thriller psicologico, che attraverso l’indagine interiore del protagonista porta il lettore a fare i conti con i propri codici etici e morali, ma anche a ripensare la gestione dei propri rapporti umani. Poco cambia che il tutto si svolga a Beer Sheva, in un Israele a tratti periferica, un paese che fa soprattutto da sfondo ma che è ben identificabile nei suoi contrasti e nelle sue sfumature. La scrittura della Gundar-Goshen, come quella di altri autori israeliani, è universale e sonda le recondite profondità della società israeliana, la quale al di là delle apparenze e della rappresentazione mediatica non differisce da tutte le altre nella sua complessità. Al centro del romanzo v’è il rapporto ambiguo tra il protagonista Eitan e Sirkit, la vedova dell’uomo investito, in questa relazione si instaura l’incontro con l’alterità, un’incognita, un “oggetto” inconoscibile, antitetico, così uguale e così diverso. “I corpi sono tutti simili. Eppure dire lo stesso delle anime è considerato un’offesa”, scrive Gundar-Goshen.
L’incontro con l’altro è sempre possibile, sovente avviene senza accorgersene, quotidianamente, ma tutto dipende da quanto il soggetto riesca ad apprendere da questo e ad uscire dal proprio sé riconsiderando la propria visione del mondo. Se l’altro – come sosterrebbe Martin Buber – verrà avvertito come un “tu” o un “esso”.

Francesco Moises Bassano

(17 marzo 2017)