Rivlin: “Yom HaShoah, attenzione
a non distorcerne il significato”

rivlinUno sguardo all’interno della società israeliana e al suo modo di rapportarsi con la Shoah. Ha scelto una strada meno ordinaria il presidente d’Israele Reuven Rivlin nel suo discorso in occasione delle commemorazioni di Yom HaShoah, il giorno in cui il mondo ebraico ricorda la ferita sempre aperta del genocidio nazifascista. Giorno in cui Israele – come è accaduto questa mattina – si ferma al suono della sirena per ricordare le sue vittime, così come ha fatto l’Italia ebraica: da Milano a Roma, da Torino a Trieste, nelle scorse ore si sono tenute cerimonie per ricordare la Shoah.
“Sono trascorsi settant’anni da quando le fiamme dell’inferno, dei crematori di Auschwitz, sono state estinte. Più il tempo passa e meno sono i Testimoni sopravvissuti all’orrore – ha ricordato Rivlin – e così il nostro bisogno di affrontare il nostro rapporto con la Shoah e il come ricordarla diventa sempre più cruciale. Negli ultimi decenni si sono sviluppati due approcci rispetto a come la società israeliana ricorda la Shoah e considera le lezioni che da questa dobbiamo imparare. Il primo riguarda guarda solo agli aspetti e agli insegnamenti universali della Shoah. Il secondo è quello in cui la Shoah diventa la nostra lente per guardare il mondo”. Entrambi gli approcci, ha spiegato Rivlin, sono fallaci: il primo perché non riconosce l’unicità della Shoah come evento storico che non ha paragoni nella storia. “È un Israele si fermaapproccio pericoloso – il monito del Presidente – Riduce la Shoah. Distorce la storia. Nega il fatto che il programma di sterminio sistematico era rivolto specificamente contro il popolo ebraico. Nega l’antisemitismo, una malattia maligna che ha duemila anni. Nega il diritto e il dovere del popolo ebraico ad avere una sua storia e un suo Stato. La Shoah è sempre stata, e sarà sempre un programma di annientamento che è stato pianificato e attuato contro il popolo ebraico”. “Ovviamente, ci sono degli insegnamenti universali che si devono imparare dalla Shoah, ma negare la sua natura unica contro il popolo ebraico – le parole di Rivlin – è un errore storico, nazionale e educativo”. D’altra parte anche guardare il mondo attraverso la lente della Shoah non va bene: “secondo questo approccio, la giustificazione dell’esistenza dello Stato di Israele è la prevenzione di una prossima Shoah. – ha dichiarato Rivlin – Ogni minaccia è una minaccia per la nostra sopravvivenza, ogni leader che odia Israele è Hitler. Secondo questo approccio, l’essenza della nostra identità ebraica collettiva è la fuga dal massacro. E il mondo è diviso in due, i “giusti tra le nazioni” da un lato, e i nazisti antisemiti dall’altro. E ogni critica allo Stato di Israele è antisemitismo. Questo approccio è anche fondamentalmente sbagliato ed è pericoloso per noi come nazione e come popolo. Non di meno, è pericoloso per la memoria della Shoah”. Questa visione, il concetto espresso dal presidente, dal punto di vista interno “oscura la ricchezza dell’esistenza ebraica di fronte alla Shoah. Il popolo ebraico non è nato ad Auschwitz. Non è la paura che ci ha permesso di attraversare duemila anni di esilio, è stato il nostro patrimonio spirituale”. Rispetto all’esterno poi “questo approccio danneggia la nostra capacità di sviluppare relazioni con le nazioni del mondo e con i nostri critici da un luogo sicuro, adeguato al dialogo”. C’è poi un terzo approccio, ha concluso il presidente, che si fonda su tre pilastri: il diritto ad autodifendersi, la condivisione di un destino comune, la difesa dei diritti umani. “Rispetto al primo – ci impegneremo sempre nella nostra difesa – lo Stato di Israele non è una compensazione per la Shoah, ma la Shoah ci insegna che dobbiamo prendere il nostro destino nelle nostre mani. Il popolo ebraico ha il diritto e il dovere di avere una forza di difesa, un’indipendenza nazionale, la sovranità, qui nella nostra patria storica. Il secondo pilastro – il destino ebraico condiviso, l’idea che tutti noi, tutti i membri del popolo ebraico, condividiamo una storia e un futuro – ci impegna a ricordare i nostri fratelli e sorelle nella Diaspora e il nostro obbligo alla loro sicurezza e al loro benessere”. Per il terzo, Rivlin ha richiamato le parole di rabbi Akiva: “Amato è l’uomo perché è stato creato a immagine di Dio”: “Questo è un obbligo sacro che il popolo ebraico non può e non vuole sfuggire. Sempre. In ogni situazione. Quindi non possiamo rimanere in silenzio di fronte agli orrori commessi lontano da noi, e certamente non di fronte a quelli commessi proprio oltre confine. – il monito di Rivlin in riferimento alla tragedia siriana – Mantenere la nostra umanità: questo è l’immensa coraggiosa eredità che le vittime e i sopravvissuti della Shoah ci hanno lasciato, nelle azioni per gli altri, di fronte al freddo, alla fame, nelle carrozze ferroviarie, nei crematori e nei ghetti”.
Tra le diverse iniziative organizzate in Italia, ieri sera nella Sinagoga di via Guastalla a Milano sono stati letti come ogni anno i nomi delle vittime della Shoah milanese mentre a Roma, vi è stato un commovente abbraccio della Comunità ai suoi Testimoni.

d.r.

(24 aprile 2017)