“Più controllo su Hezbollah”
Il successo d’Israele all’Onu

Schermata 2017-09-03 alle 12.28.43Il confine nord continua ad essere monitorato con attenzione da Israele. E la notizia del rinnovo annuale del mandato della Forza di Interposizione in Libano delle Nazioni Unite (Unifil) è stato accolto positivamente da Gerusalemme. L’importanza della decisione – presa all’unanimità dai 15 membri del Consiglio Onu – risiede, spiega il ministero degli Esteri israeliano in una nota, “nell’invito a UNIFIL ad agire in maniera più decisa e in modo significativo per impedire che Hezbollah guadagni potere nel sud del Libano”. La risoluzione, votata la scorsa settimana, prevede un rafforzamento dell’autorità delle forze stanziate nel sud del Libano, perché “prendano tutte le misure necessarie nelle aree in cui sono dispiegate per garantirne la sicurezza”. Nella risoluzione si chiedeva inoltre al segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres, di esaminare i modi per rafforzare la presenza della missione di pace, in termini di pattugliamenti e ispezioni. Un rafforzamento di cui lo stesso Guterres aveva parlato nel corso di un’intervista ad Arutz 2, emittente televisiva israeliana: “Ho dato istruzioni – ha dichiarato il segretario Onu – affinché Unifil possa intensificare le sue azioni con varie modalità. Sappiamo tutti la difficoltà ad agire in queste circostanze”.
Dalla fine della guerra tra Israele e il movimento terroristico sciita Hezbollah avvenuta nel 2006, le forze di pace dell’Onu sono state dispiegate a garanzia del cessate il fuoco e del ritiro israeliano dalla zona cuscinetto al confine israelo-libanese. In base alla risoluzione 1701, Unifil deve garantire la sicurezza e assistere il governo libanese ad affermare la sua autorità nella regione. I caschi blu delle Nazioni Unite sono presenti in Libano dal 1978 e attualmente sono circa 10.500 i militari di varie nazioni che partecipano alla missione.
Israele – che ha ringraziato l’ambasciatrice Usa all’Onu per il suo impegno sulla vicenda Unifil – è preoccupata del ruolo importante avuto da Hezbollah in Siria, dove il gruppo sciita ha combattuto al fianco del regime di Assad e dell’Iran. L’impegno sul campo delle milizie del movimento terroristico sciita – che ha giurato di voler distruggere Israele – lo ha portato a consolidare il suo potere, tanto da invertire i rapporti di forza con i siriani: sul Wall Street Journal, Maria Abi-Habib lo scorso aprile raccontava come :“Nelle città siriane prima sotto il controllo dei ribelli e poi riconquistate, i combattenti di Hezbollah sono stati visti tenere i soldati siriani per i polsi o per la divisa e forzarli a riportare ai legittimi proprietari gli elettrodomestici e i mobili saccheggiati. I civili siriani dicono che capita che i combattenti di Hezbollah trattino senza rispetto i soldati siriani sul fronte di guerra, un netto cambiamento rispetto alla deferenza del passato. Auto con vetri oscurati e con targhe libanesi arrivano sgommando ai checkpoint siriani, i comandanti di Hezbollah si rifiutano di consegnare i loro telefoni durante i controlli identificativi o di rispondere alle domande poste loro dagli alleati siriani”. Nell’articolo – in Italia richiamato dal Post – la giornalista spiegava che Hezbollah potrà avere un ruolo anche nella ricostruzione della Siria: secondo una stima della Banca Mondiale, la ricostruzione del Paese dopo il conflitto potrebbe valere più di 100 miliardi di dollari. Hezbollah a quel punto potrebbe mettere a disposizione la sua esperienza maturata dopo la guerra contro Israele nel 2006, quando organizzò la ricostruzione di interi quartieri di Beirut, e inserirsi nell’economica siriana post-bellica. È probabile che l’influenza di Hezbollah non riguarderà solo l’economia siriana, ma anche la politica del regime di Assad. E in questa situazione anche i delicati equilibri in Libano, potrebbero modificarsi a favore di un movimento come Hezbollah che è riuscito ad aumentare la sua influenza oltre il territorio sotto il suo diretto controllo. Da qui le richieste d’Israele e Usa per un maggiore controllo da parte dell’Unifil del Sud del Libano. La risoluzione, come detto, è stata approvata all’unanimità dai membri del Consiglio delle Nazioni Unite, ma non senza riserve. Come scrive il Times Of Israel, diversi membri, tra cui l’Italia – che ha uno dei contingenti più importanti in Unifil – hanno espresso alcune preoccupazioni rispetto all’iniziativa: l’ambasciatore italiano Sebastiano Cardi ha affermato che è importante non confondere i compiti delle forze di Unifil con quello delle forze militari libanesi, onde evitare possibili destabilizzazioni. Il segretario generale Guterres ha spiegato poi che è soprattutto responsabilità dell’esercito libanese garantire che il sud del Paese sia libero da armi non autorizzate.

d.r.

(3 settembre 2017)