Rabin, in migliaia a Tel Aviv per ricordare

Schermata 2017-11-05 alle 21.26.00Secondo alcune stime, sono state 85.000 le persone radunatesi in piazza Rabin a Tel Aviv per ricordare, sabato sera, il ventiduesimo anniversario dall’assassinio del Primo ministro israeliano Yitzhak Rabin. Una partecipazione ampia per un evento organizzato da due realtà considerate di centro: il movimento Darkenu e i Comandanti per la Sicurezza di Israele, che hanno scelto come slogan della manifestazione “Noi siamo un popolo”, richiamando all’unità del Paese, e hanno scelto di non includere rappresentanti politici a livello nazionale nella lista di oratori. Durante la cerimonia – partecipata ma non priva di polemiche – Amnon Reshef, presidente di Comandanti per la sicurezza di Israele, ha detto che solo una combinazione di superiorità militare e di azioni diplomatiche potrà garantire il futuro di Israele. “I palestinesi non vanno da nessuna parte, e noi staremo qui per sempre”, ha aggiunto Reshef. Del rapporto invece interno alla società israeliana in riferimento agli insediamenti ha parlato Kobi Richter, presidente di Darkenu. Richter ha affermato che la maggior parte di chi vive negli insediamenti respinge le idee degli estremisti e capisce la necessità di “uno Stato con una maggioranza ebraica, piena uguaglianza per tutti e forti istituzioni democratiche”. Secondo Richter poi la maggior parte di chi vive a Tel Aviv vuole “creare una vera connessione con i moderati che la pensano diversamente da loro, ma condividono lo stesso obiettivo. Siamo moderati che si ascoltano da entrambi i lati dello stesso centro politico. Siamo la stragrande maggioranza. Ciò che ci unisce è più grande di ciò che ci divide”.
Su Yedioth Ahronoth, il giornalista Nahum Barnea ironizza sulla manifestazione dandole l’etichetta di “protesta light”, lamentando la mancanza della rabbia e delle lacrime che erano emblematiche dei primi raduni negli anni immediatamente successivi all’ omicidio e scrivendo che l’ unità non è il punto. “Un popolo, o due o quattro, la questione che sta dietro l’ omicidio non è quante nazioni vivono qui, ma quali sono le regole del gioco per il confronto politico, chi è l’ autorità statale e chi ha la sovranità. Se arriveremo a un altro momento in cui l’integrità della terra d’Israele si scontrerà con l’integrità del governo, quello che è accaduto la notte dell’omicidio di Rabin accadrà di nuovo. Ci sono abbastanza persone che considerano la grande terra d’Israele come la cosa più importante e la loro influenza politica non ha fatto che guadagnare (consensi) dopo l’assassinio (di Rabin)”.
“Per la prima volta lo Stato e la democrazia israeliana dovettero affrontare una minaccia interna tangibile”, ha dichiarato il Presidente d’Israele Reuven Rivlin nel corso delle cerimonie ufficiali – tenutesi alla Knesset e al Monte Herzl, dove Rabin è sepolto – in memoria del Premio Nobel per la pace. Il suo assassinio “è una frattura che cerchiamo ancora di far guarire e continueremo a farlo”, ha affermato Rivlin. “La vera democrazia può e deve prevedere il disaccordo. E una democrazia vibrante dovrebbe permettere il dialogo anche quando è doloroso – le parole del Presidente israeliano – Ma non può permettere la violenza, deve denunciarla, soprattutto quando nasce al suo interno. Perché la violenza, come disse Rabin nel suo ultimo discorso, intacca le fondamenta della democrazia. La violenza mina i pilastri su cui poggia lo Stato d’Israele”.
Durante la cerimonia al Monte Herzl, è intervenuto tra gli altri il figlio di Rabin, Yuval, le cui parole sono state molto discusse e riprese dai media israeliani. Nel suo discorso, Yuval Rabin ha ricordato che, durante i peggiori attacchi politici, il padre si è sempre assunto le sue responsabilità come leader di Israele. Parole ricordate anche da Sergio Della Pergola nel suo commento settimanale su questo Portale: “Il meccanismo di propaganda, sobillazione e scissionismo che fu attivato contro di lui continua a scagliarsi contro di noi, – ha affermato il figlio di Rabin – e chiunque la pensi diversamente viene etichettato come traditore. Rabin non agì mai contro i diritti democratici dei suoi oppositori né mai cercò di tappare le loro bocche, non è mai sfuggito alle sue responsabilità e non ha mai fatto piagnistei”. “Vorrei che una cosa fosse perfettamente chiara: – ha aggiunto – quello che è successo 22 anni fa è stato un omicidio. Un omicidio con movente politico. L’obiettivo era chiaro, e, dietro, ci fu senza ombra di dubbio incitamento (a commettere il crimine). È una verità con la quale dobbiamo fare i conti”. “Non possiamo più rimanere in silenzio, poiché Yitzhak Rabin è stato dipinto come uno assassino lui stesso, responsabile della morte di migliaia di israeliani. – la denuncia di Yuval – Basta. La stragrande maggioranza delle vittime degli accordi di Oslo è stata assassinata da Hamas. Quell’organizzazione era, ed è ancora, un nemico giurato di Israele”. Il figlio dell’ex generale che guidò il Paese alla vittoria nella Guerra dei Sei giorni ha poi ricordato di come l’estrema destra di allora rappresentò suo padre come “un traditore di Israele” per la sua scelta di negoziare con i palestinesi.
Chiamato in causa, seppur non direttamente da Yuval Rabin, l’attuale Premier Benjamin Netanyahu ha cercato di rispondere sulla questione di prendersi le responsabilità e di non dividere la società israeliana. “Sarai sorpreso, Yuval, ma capisco il tuo dolore di fronte alle ondate di calunnia e fango contro tuo padre. Ti sei rivolto a me, e io accetto la sfida invocando la riconciliazione e l’ unità nazionale”, ha affermato Netanyahu.

d.r.