…Gerusalemme

Il discorso di Donald Trump ieri sera sembrava copiato integralmente dal pezzo di Daniel Reichel apparso poche ore prima su questa pagina. Cosa cambia? Di fatto nulla. L’ambasciata americana rimane a Tel Aviv, e ci resterà a lungo. I luoghi santi sono tutti sotto la tutela delle rispettive autorità religiose, e continueranno a esserlo. L’autorità sulla Spianata delle Moschee/Monte del Tempio è il Wakf musulmano, e così sarà. Dal 1948 lo Stato d’Israele aveva una capitale, Gerusalemme, e continua ad averla e tutti lo sanno. Dal 1948 gli stati del mondo – con qualche eccezione in passato – non riconoscono Gerusalemme come capitale, eppure tutti gli ambasciatori devono recarvisi per presentare le loro credenziali al Presidente della repubblica o per incontrare il Primo ministro o il ministro degli Esteri. Il non riconoscimento dal 1948 al 1967 non può avere nulla a che fare con l’incorporazione dei quartieri orientali dopo la Guerra dei sei giorni, dunque dimostra che nemmeno i quartieri occidentali sono riconosciuti come parte di Israele. Il che ci riporta indietro alla risoluzione e al piano di spartizione dell’ONU del 29 novembre 1947 in cui effettivamente Gerusalemme ma anche Betlemme facevano parte di un corpo separato. Dunque ciò che non viene riconosciuto sono i confini del 1948, non quelli del 1967, il problema non è Gerusalemme bensì Israele. Delle 124 ambasciate italiane nel mondo quella di Tel Aviv è l’unica che non si trova nella città capitale. Nel mondo dunque non vi sono altri conflitti che richiedono estrema cautela diplomatica. Del resto il Papa per 59 anni non ha riconosciuto Roma come capitale d’Italia. Qui da noi tutta questa messa in scena collettiva nel corso di quasi 70 anni non ha prodotto fino ad oggi alcun risultato politico. Forse vale la pena di cambiare copione. Se ci saranno reazioni violente in seguito alla dichiarazione di Trump, per lo meno non sarà a causa di un’azione commessa da Israele, bensì dagli Stati Uniti d’America. Le nazioni del mondo sono invitate a mettere in atto le loro eventuali sanzioni contro gli USA, se ne hanno il coraggio, non contro Israele che non c’entra proprio niente.

Sergio Della Pergola, Università Ebraica di Gerusalemme