Mandelblit, il procuratore generaleche deciderà il destino del Premier
Per settimane migliaia di manifestanti israeliani si sono riuniti nei pressi della casa del procuratore generale Avichai Mandelblit, a Petah Tikvah, invocando il suo intervento contro il Primo ministro Benjamin Netanyahu. Volevano che Mandelblit procedesse a formalizzare le accuse di corruzione contro Netanyahu, su cui da mesi la polizia israeliana stava indagando. Ora è stato direttamente il comandante della polizia Roni Alsheikh a passare le carte a Mandelblit e chiedere l’incriminazione del Premier su due delle tre vicende in cui il leader del Likud è coinvolto. Ci vorranno mesi, spiegano i quotidiani, prima che il procuratore generale sciolga le riserve sulla questione, consapevole che nelle sue mani risiede molto del futuro politico del suo ex capo. Mandelblit, dopo una lunga carriera nella magistratura militare, dall’aprile 2013 al febbraio 2016 è stato scelto da Netanyahu come suo capo gabinetto. Un ruolo interrotto una volta diventato procuratore generale su nomina del ministro della Giustizia Ayelet Shaked. “Mentre Netanyahu è stato oggetto di un controllo senza fine da parte dei media durante il suo lungo periodo al potere, – scrive il quotidiano di destra israeliano Arutz 7- poco si sa di Mandelblit. Uomo tranquillo e senza pretese, il cui contegno, come dicono gli amici, maschera una mente giuridica brillante, ha il potere di fare ciò che la sinistra israeliana, ampie parti d’Europa e i media israeliani sognano da un decennio: chiudere l’era apparentemente infinita di Netanyahu”.
“Ora, il destino di Netanyahu è nelle mani di Mandelblit”, conferma il New York Times che riporta come sul fronte dei critici ci sia il sospetto che il procuratore generale “dopo aver precedentemente servito come segretario di gabinetto di Netanyahu, ed essere stato una volta a lui ampiamente leale, continuerà ad essere grato al Primo ministro che lo ha promosso. I suoi ammiratori dicono invece – continua il quotidiano americano – che la legge è l’unica agenda e bussola morale di Mandelblit”. Religioso, padre di sei figli, la sua nomina a procuratore generale era stata criticata da alcuni giuristi: troppo rapido, secondo loro, il ritorno di Mandelblit dalla politica alla magistratura, sarebbe stato meglio un periodo di transizione prima di rivestire la carica di procuratore. Lui ha ribadito più volte la sua indipendenza. Il 31 gennaio scorso, ad esempio, parlando a un incontro con consulenti legali dei diversi ministeri israeliani, Mandelblit ha ribadito che: “il nostro lavoro giudiziario è completamente scollegato dalle influenze politiche esterne”. “Un’ indagine penale – ha aggiunto – non è un reality show televisivo”. Il procuratore ha poi proseguito ricordando ai presenti che “nessun uomo è al di sopra della legge, solo i fatti possono decidere, non gli slogan o i tweet. Non abbiamo paura di prendere decisioni difficili se necessario, secondo le regole e dopo una comprensione approfondita dei fatti”.
d.r.