“Israele, le radici nello studio”

Schermata 2018-04-11 alle 14.26.31La nascita dello Stato di Israele avvenuta 70 anni fa ha radicalmente cambiato la coscienza e la percezione che gli ebrei hanno avuto di sé e della relazione con il resto del mondo per molti secoli.
Lo Stato ebraico è stato il prodotto di un movimento di pensiero ebraico, minoritario e spesso contrastato, che costituisce ancora una grande sfida intellettuale, sociale e religiosa per l’intero ebraismo sviluppatosi nel corso dei secoli come realtà diasporica. 
L’esistenza di uno Stato ebraico non costituisce una sfida solo per la Diaspora, costretta a ridefinire ogni giorno la propria ragione d’essere. Il fatto di avere uno Stato costringe gli ebrei, in particolare quelli israeliani, a confrontarsi con l’intera vicenda storica e identitaria dell’ebraismo.
Queste nuove prospettive indicano che il programma sionistico non significa la fine, ma l’inizio di nuove sfide e interrogativi per il pensiero ebraico.
In che modo è vissuto oggi lo Stato dalle diverse correnti religiose?
Qual è il messaggio rivolto all’oggi, con il ritorno del popolo ebraico in Eretz Israel dopo tanti secoli di diaspora? La fondazione dello Stato costituisce per tutti l’inizio della Redenzione?
Lo Stato di Israele è definito nelle nostre preghiere “l’inizio del germoglio della nostra redenzione”. Ciò che da altri popoli verrebbe vissuto soltanto come una entità politica, per il popolo ebraico ha assunto connotazioni e significati più complessi. La distinzione netta tra i momenti laici e i momenti religiosi è una lettura della realtà estranea alla Tradizione ebraica per la quale non esiste una dicotomia tra il “hol” (laico) e il “kodesh” (sacro). Si tratta, dal punto di vista della Tradizione, del riconoscimento della miracolosa sopravvivenza ebraica e della realizzazione di quello che era stato il sogno di decine di generazioni.
In questa direzione gli interrogativi si allargano: chi è l’ebreo diasporico oggi? E il rifondarsi dell’ebraismo come nazione-Stato attraverso la realizzazione politica del sionismo ne accentua il carattere particolaristico o universalistico? Israele è oggi Stato ebraico, Stato degli ebrei o Stato degli israeliani? L’evento stesso della rinascita di Israele come Stato costituisce una sfida all’ebraismo, composto non solo da fede e valori comuni, ma anche da un sistema normativo – la Halakha – che si è articolato nei secoli sulla prospettiva che vedeva il popolo ebraico come incapace di fatto di assumere funzioni socio-politiche indipendenti.
L’establishment e i vari circoli israeliani e diasporici hanno saputo far fronte a questa sfida, elaborando, in assenza di un pensiero politico tradizionale, modelli nuovi e funzionali? Il rapporto tra politica e religione, tra Stato e Halakhà, tra democrazia ed etica ebraica attraversa l’identità non solo di Israele, ma di tutto il popolo ebraico, in Eretz Israel e nella diaspora. Oggi, sempre più, gli unici protagonisti della discussione interna e forse i soli vettori dell’identità ebraica sono, ahimè, tematiche come la celebrazione della Shoah e una certa ostentazione retorica dello Stato di Israele.
Sicuramente due temi forti, importanti, che non lasciano indifferente nessun ebreo, che fanno leva sui sentimenti e il vissuto di ognuno di noi. La Shoah è il dolore della memoria, è la paura del suo ritorno, ma è anche un tema che troppo spesso contribuisce a lavare le coscienze di coloro che ritrovano il loro ebraismo solo pochi giorni all’anno, di quelli che si commuovono per ciò che è stato, dimenticandosi del corpo vivo dell’ebraismo, di tutto ciò che ancora l’ebraismo “è”, qui e ora. Finendo così per consegnare la responsabilità di una vita ebraica “militante” e attiva a mani altrui, visto che è molto più difficile costruire una vita ebraica giorno dopo giorno che non rimpiangere ciò che altri hanno tentato di distruggere.
E che dire di Israele? Un sogno per tutti, certo. Una speranza e una realtà, ovviamente. Una contraddizione. Ma anche una spada per coloro che lo trasformano in un’arma a sostegno di battaglie ideologiche e strumentali. Troppi di noi hanno costruito proprio dietro a questi temi una identità ebraica povera, senza preoccuparsi di capire e di studiare, senza consapevolezza, senza umiltà. Finendo così per generare una identità fragile e fratturata, facilmente sovrastabile dal contesto circostante che con la forza di uno tsunami può annullarla. Il nostro approccio allo Stato di Israele, come all’ebraismo in generale, è per molti un approccio di natura letteraria, romanzesca, alla propria identità, che genera una visione della vita ebraica quasi fosse una realtà virtuale, una gloria del passato. Dobbiamo iniziare a sviluppare una visione dell’identità ebraica attuale e autonoma, una concezione qualitativa, che sostituisca quella caratterizzata da etichette preconfezionate.
Mi spiace, ma non bastano cerimonie commemorative, un viaggio ad Auschwitz, una testimonianza, per sentirsi ebrei. Non basta inneggiare ad Israele senza sforzarsi di conoscerne la storia, la lingua, la cultura, la letteratura, i dibattiti, le yeshivòt, i kibuzzim, i mercati. Non basta parlare a vuoto di sostegno a Israele, come se fosse una coppa riposta in una bacheca, come fosse un trofeo impolverato da sbandierare quando ormai, da ebrei in via di assimilazione, ci ricordiamo distrattamente chi siamo e da dove veniamo. Queste sono scorciatoie identitarie, un pret-a-porter ebraico facile da indossare e a poco prezzo. Affinché l’ amore e il legame con lo Stato di Israele sia considerato importante nella vita dei nostri figli, esso deve comprendere una sincera dimensione di contenuti maturi e non rimanere a un livello infantile.
Dobbiamo pertanto continuare ad affrontare questi delicati argomenti come temi di studio e di approfondimento, con contributi di grandi autorità ed esperti del campo, per poter affrontare, con cognizione di causa e con maggiore consapevolezza, dibattiti e discussioni.
Quando si interpretano eventi, sia piccoli che straordinari come la nascita e l’esistenza dello Stato di Israele, in un’ottica sovrannaturale che ha significati che trascendono le leggi della storia, a noi uomini non è consentito restare immobili. Lo Stato di Israele ci ripropone quell’incessante dialettica che accompagna il destino del popolo ebraico dove la storia si incontra con lo spirito, l’immanente con il trascendente e il tempo delle lacrime con il tempo delle risa.
Di questi temi e interrogativi parleremo con autorevoli ospiti al prossimo Mokèd di Milano Marittima.

Roberto Della Rocca, direttore Area Cultura e Formazione UCEI
Dossier Israele 70, Pagine Ebraiche Aprile 2018