“Israele e la sua identità ebraica,
disegno di legge da cambiare”

rivlin-to-members-2La proposta di legge sul carattere ebraico d’Israele, quella sulla leva obbligatoria per il settore haredi, la chiusura del valico di Kerem Shalom sul confine con Gaza. Sono i temi in queste ore al centro del dibattito politico e mediatico in Israele. In particolare il primo punto: il Presidente d’Israele Reuven Rivlin, in una mossa definita insolita dai quotidiani locali, ha infatti inviato una lettera ai membri della Knesset e al Primo ministro Benjamin Netanyahu invitandoli a modificare il disegno di legge fondamentale dal titolo “Israele, Stato nazionale del popolo ebraico”. Una norma che in questa forma “potrebbe danneggiare il popolo ebraico, gli ebrei di tutto il mondo e lo Stato di Israele”, ha scritto Rivlin. Il disegno di legge – approvato in prima lettura diversi mesi fa e dalla prossima settimana nuovamente al vaglio della Knesset – sancirebbe il riconoscimento in una norma fondamentale della definizione di Israele come “casa nazionale del popolo ebraico”, stabilendo l’“unico” diritto di quest’ultimo all’autodeterminazione all’interno dello Stato di Israele, e prevedendo una serie di misure costituzionali per definire la natura ebraica del paese. La critica di Rivlin si concentra su di una clausola che prevede che lo Stato possa “permettere ad una comunità composta da persone della stessa fede o nazionalità di mantenere una comunità esclusiva”. Condizioni che porterebbero, secondo la denuncia del Presidente d’Israele, a forme di discriminazione legalizzate all’interno del paese. In questo modo, scrive Rivlin, qualsiasi realtà potrebbe “stabilire comunità residenziali che escludano gli ebrei sefarditi, le persone ultra ortodosse, i drusi e le persone LGBT. È questa la rappresentazione della visione sionista?”. “Siamo davvero disposti a dare una mano alla discriminazione e all’esclusione di un uomo o di una donna sulla base del loro background?”, l’interrogativo posto alla Knesset e al Primo ministro Netanyahu, che in precedenza ha auspicato l’approvazione della norma. Secondo l’avvocato generale dello Stato, Avichai Mandelblit, la clausola contestata da Rivlin solleva problemi di costituzionalità. “Non c’è posto per una tale clausola nella sua forma attuale”, ha dichiarato Mandelblit. Per il magistrato Eyal Zandberg, della procura generale, si tratta di “una palese discriminazione”. Sulla proposta di legge, presentata per la prima volta nel 2014 ma poi accantonata a causa di larghe critiche anche interne all’allora maggioranza di governo, sono in corso intensi negoziati. I partner della coalizione, spiegano i media, stanno cercando di modificare altre sezioni della norma, tra cui quella che ridefinisce lo status della lingua araba – da “ufficiale” a “speciale” – e quella che dispone che i giudici, in assenza di altri precedenti, utilizzino la Legge ebraica per arrivare a una decisione.
Lo scorso lunedì intanto la Knesset ha approvato l’ultima versione di un disegno di legge che regola la leva obbligatoria per i haredim (i cosiddetti ultraortodossi) con una votazione di 63 contro 39. La norma – che tornerà in parlamento per un nuovo esame – sancisce che ciascuna yeshiva (scuola religiosa) deve raggiungere una quota di studenti che facciano l’esercito. Le quote saranno inizialmente più basse, per poi aumentare di anno in anno. Durante il terzo e quarto anno dall’approvazione della legge, le yeshivot che non raggiungeranno la quota saranno soggette a una sanzione pecuniaria: perderanno finanziamenti pubblici in relazione alla percentuale non raggiunta della citata quota. Il nuovo sistema verrebbe così incontro alla sentenza dell’Alta Corte israeliana, che lo scorso anno aveva stabilito che il governo doveva provvedere a definire un regime per la leva obbligatoria legata al mondo haredi entro il termine del 19 luglio 2018.
Sul fronte della sicurezza, il governo ha annunciato ieri la chiusura del valico di frontiera di Kerem Shalom, da cui passano i rifornimenti da Israele a Gaza. L’esercito ha fatto sapere che il valico rimarrà aperto al trasferimento di aiuti umanitari appositamente approvati. Ha inoltre dichiarato che la zona di pesca di Gaza ritornerà a un area di 11 chilometri dopo essere stata temporaneamente estesa a 17 chilometri. Queste misure sono una riposta agli ingenti danni provocati dai cosiddetti aquiloni incendiari lanciati dai palestinesi di Gaza contro il sud d’Israele: 7mila ettari di terreno e foreste sono stati bruciati da questi aquiloni, provocando danni ingenti a riserve naturali e all’economia dell’area. “Non stiamo cercando di aprire un confronto o un’operazione militare, – ha detto il ministro della Difesa Avigdor Lieberman – ma a causa dell’operato di Hamas, la situazione si deteriora e il movimento terroristico è tenuta a pagare l’intero prezzo” delle sue azioni.

Daniel Reichel