Il volto del Likud alle elezioni,
il partito dopo le primarie

Schermata 2019-02-07 alle 14.38.39Secondo i sondaggi, il Likud del Premier Benjamin Netanyahu alle prossime elezioni otterrà 30 seggi (34 secondo quelli più larghi). Il numero potrebbe variare ma, con le dovute cautele, è già possibile sapere quali membri del partito siederanno al fianco di Netanyahu alla Knesset. A sancirlo, la consolidata tradizione delle primarie da cui sono emersi alcuni importanti segnali politici interni alla destra israeliana. L’attuale speaker della Knesset Yuli Edelstein è stato il più votato tra i candidati, posizionandosi al secondo posto; dietro di lui Yisrael Katz (ministro dei Trasporti), Gilad Erdan (ministro della Pubblica Sicurezza) e Gidon Sa’ar, tornato alla politica dopo un periodo di pausa. Proprio il posizionamento di Sa’ar così in alto è considerato un colpo per la leadership politica di Netanyahu: il Premier ha pubblicamente attaccato il suo ex ministro (in due legislature), denunciando un suo presunto complotto per ottenere dal Presidente Reuven Rivlin l’incarico a formare il prossimo governo. Il fatto che abbia ottenuto il quarto posto alle primarie “nonostante la raffica di accuse del Primo ministro – spiega Eli Kowaz, dell’Israel Policy Forum – dimostra la sua forza all’interno del partito e cementa la sua posizione come capofila per sostituire Netanyahu al momento opportuno”. Secondo il Times of Israel, il voto alle primarie ha segnato una sorta di rimprovero a Netanyahu per come ha gestito il partito: in lui gli elettori del Likud hanno fiducia ma non in alcuni dei suoi protetti. Alcuni dei suoi fedelissimi, scrive la giornalista di Yedioth Ahronoth Moran Azulay, “sono stati spinti in basso o addirittura eliminati dalla lista e sostituiti da politici più tradizionali”. L’attuale capo di coalizione David Amsalem e il suo predecessore David Bitan sono ad esempio posizionati in basso nelle preferenze seppur avranno comunque un posto alla Knesset.
A queste semibocciature si aggiunge, scrive su Haaretz Anshel Pfeffer, l’arrivo di due nuovi potenziali sfidanti per la leadership del Likud. “L’ex sindaco di Gerusalemme Nir Barkat è arrivato sesto, mentre il ministro dell’assorbimento degli immigrati Yoav Gallant – che ha disertato da Kulanu a dicembre ed è ora l’unico generale tra le fila del Likud – è al settimo posto”.
Questa è la lista di sette uomini e una donna che combatteranno per la leadership del Likud e la candidatura al primo ministro – forse nel giro di pochi mesi se Netanyahu perde le elezioni o vince ma è costretto a dimettersi in seguito alle accuse quasi inevitabili.
Nel prossimo parlamento non troverà posto anche una delle figure più controverse di questa legislatura: Oren Hazan, noto per il suo selfie con il Presidente Trump così come per dichiarazioni sopra le righe, tra cui l’endorsement a Marine Le Pen e una spregevole ironia su una parlamentare disabile di Yesh Atid. Da un’inchiesta giornalistica era anche emerso che Hazan aveva gestito un casinò a Burgas, in Bulgaria, fornendo ai suoi clienti israeliani prostitute e metanfetamine.
Nonostante si sia posizionato al 27esimo posto nelle primarie nazionali, Hazan finirà intorno al quarantesimo dopo che alla lista saranno aggiunti i candidati selezionati in base alla provenienza da specifiche località del Paese, in quanto donne (una sorta di quote rosa), in quanto giovani Likud o scelti direttamente da Netanyahu (due seggi). Un altro posto è garantito a un nuovo immigrato.
Altri membri della Knesset che realisticamente rimarranno fuori dalla prossima Knesset sono il rabbino Yehudah Glick, Nava Boker, Anat Berko, Nurit Koren, Yaron Mazuz e il ministro delle Comunicazioni Ayoob Kara, unico candidato druso che spera di essere ripescato da Netanyahu.