Israele-Gaza, la Jihad islamica
minaccia la calma

Schermata 2019-04-01 alle 13.53.47La fragile tregua che sta tenendo sul confine tra Israele e Gaza, dopo la recente aggressione di Hamas, è a rischio. Secondo fonti dell’esercito israeliano, la Jihad islamica, gruppo terroristico che contende a Hamas il potere nella Striscia, sta pianificando di sabotare il cessate il fuoco, attaccando Israele con nuovi missili e utilizzando dei cecchini per sparare contro i soldati dispiegati sul confine (nell’immagine il capo di Stato Maggiore Aviv Kochavi parla con gli ufficiali della situazione nel Sud d’Israele – 29 marzo). “Questi preparativi della Jihad islamica si svolgono sotto il naso dei mediatori egiziani e, per quanto è noto, Hamas non è nemmeno a conoscenza di questa attività. – scrive Yedioth Ahronoth – Sembra che le istruzioni per l’esecuzione dell’attacco siano state trasferite all’ala militare della Jihad islamica dall’ufficio di Beirut del leader dell’organizzazione, Ziad Nahala”.
Non è ancora del tutto chiaro, prosegue il quotidiano israeliano, il perché la Jihad islamica sia interessata a far naufragare completamente l’accordo a cui stanno lavorando i diplomatici egiziani e l’inviato Onu in Medio Oriente Nickolay Mladenov: potrebbe essere un tentativo di forzare la mano per avere maggior potere, oppure una direttiva arrivata dall’Iran. In ogni caso è la Jihad islamica ad essere responsabile dei sei razzi lanciati ieri e domenica mattina nelle vicinanze di Gaza.
Intanto l’accordo che i terroristi palestinesi vogliono far saltare ha già dato alcuni suoi frutti: Israele ha permesso una significativa espansione della zona di pesca per i palestinesi. Il coordinatore delle attività di governo nei territori (COGAT), Kamil Abu-Rukun, ha spiegato che la mossa è diretta a prevenire una crisi umanitaria nella Striscia e rappresenta “parte della nostra politica, che distingue tra terrorismo e popolazione civile”. L’obiettivo è “prevenire il deterioramento delle condizioni umanitarie nella Striscia di Gaza. Qualsiasi deviazione dalla zona che è stata estesa sarà gestita di conseguenza dalle forze di sicurezza”, ha affermato l’ufficiale.
Il Primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha spiegato che l’esercito rimarrà dispiegato attorno alla Striscia. “Non sappiamo se questa calma continuerà, siamo pronti a qualsiasi sviluppo, questo è il modo in cui conduciamo le nostre questioni: usiamo la forza quando necessario. Lo stiamo facendo non solo nel settore meridionale, ma anche nel nord, con straordinario successo”. Netanyahu ha aggiunto di voler evitare inutili guerre.
Una guerra diversa è invece in atto online, almeno secondo New York Times e Yedioth Ahronot: una vasta gamma di bot – programmi automatici che simulano il comportamento di utenti umani – è stata programmata sui social network per favorire alle prossime elezioni il Premier Netanyahu e il suo partito Likud.
Secondo Big Bots Project – organizzazione indipendente che mira a denunciare abusi sui social media – questa rete ha postato più di 130.000 volte in ebraico su Facebook e Twitter, raggiungendo 2,5 milioni di visite in Israele. Questi post, spiega il report, hanno come scopo quello di elogiare Netanyahu e diffondere false informazioni sui suoi rivali, in primo luogo il suo principale sfidante Benny Gantz, ex capo dell’esercito e leader del partito rivale Kachol Lavan. Nell’indagine, Big Bots Project spiega di non aver trovato collegamenti diretti tra la rete di falsi utenti e Netanyahu, o il suo partito o ancora con suo figlio Yair, spesso criticato per le sue uscite sui social network (tanto da essere stato sospeso da Facebook in almeno un’occasione). Il Likud ha dichiarato a Yedioth Ahronot che il partito “non è collegato in alcun modo alla rete a cui si fa riferimento. Il Likud non gestisce alcuna rete di bot, avatar, falsi profili, ecc. Il Likud è quasi l’unica parte che non utilizza tali mezzi. Con piena trasparenza nei confronti del controllore di Stato e delle autorità competenti”.
Secondo il rapporto di Big Bots Project, firmato dai fondatori dell’organizzazione Noam Rotem e Yuval Adam, i profili falsi lavorano in modo coordinato. Quando uno ha postato una falsa notizia in cui Gantz era definito uno stupratore, molti altri l’hanno immediatamente rilanciata. E così è accaduto in altri casi.
Negli scorsi mesi era stato presentato un disegno di legge che toccava la materia della regolamentazione dei social media rispetto alle elezioni. Si basava sulla relazione di una commissione guidata dall’ex presidente della Corte Suprema, Dorit Beinisch e prevedeva l’obbligo di identificarsi pubblicamente ai creatori di contenuti politici a pagamento ma anche a coloro che si limitavano a commentarli. Tutti i principali partiti politici israeliani avevano dichiarato di sostenere l’approvazione immediata del disegno di legge.
Al New York Times, Karine Nahon, presidente della Israel Internet Association e membro della commissione Beinish, ha dichiarato: “Abbiamo fatto un grande sforzo per presentare le raccomandazioni il più presto possibile, in modo che la legislazione potesse già essere promulgata per le prossime elezioni (quelle del 9 aprile, ndr). Ma quando un disegno di legge in prima lettura stava per essere votato, il Likud ha deciso nel bel mezzo della notte di rimuoverlo dall’ordine del giorno”.

Daniel Reichel