Knesset, il confronto decisivo
per tornare o meno alle urne

In queste ore i 120 membri della Knesset stanno decidendo se, a pochi mesi dalle ultime elezioni, Israele dovrà tornare alle urne. Entro la notte si dovrebbe sapere il verdetto della discussione parlamentare in corso: sul banco il disegno di legge per lo scioglimento della Knesset. Un provvedimento che arriva a causa del fallito tentativo del Primo ministro Benjamin Netanyahu di formare una coalizione di governo. Il Premier e leader del Likud, scrivono i quotidiani israeliani, proverà fino all’ultimo a convincere Avigdor Lieberman ad accettare di far parte della maggioranza: senza il suo appoggio (e senza i cinque seggi del suo partito Yisrael Beitenu) Netanyahu non ha i numeri alla Knesset (si ferma a 60 seggi) per governare. Per questo il capo del Likud si sta muovendo contemporaneamente su due strade: da una parte, lavora ai negoziati con Lieberman (che vuole la garanzia dell’approvazione di una legge sulla coscrizione per i haredim), dall’altro vuole assicurarsi di avere la maggioranza per ottenere lo scioglimento della Knesset. Quest’ultimo provvedimento impedisce al presidente Reuven Rivlin di individuare un altro candidato per formare il governo. “Non è una cosa positiva, spero che possiamo dimenticarla. Se approviamo questa legge, non sarà ricordata positivamente nella nostra storia. Spero che possiamo governare come il pubblico si aspetta da noi. Ma noi non abbiamo paura delle elezioni, il pubblico ha espresso la sua fiducia in noi”, le parole con cui il membro del Likud Miki Zohar (nell’immagine) ha presentato il provvedimento per sciogliere il parlamento. “La sinistra ci chiede perché non abbiamo dato a Benny Gantz (leader di Kachol Lavan) la possibilità di formare la coalizione – ha detto Zohar – Due milioni e mezzo di persone hanno votato come se avessero due voti, per il loro partito e per [Netanyahu]….pur sapendo dell’udienza [a carico del primo ministro sulle accuse di corruzione]. Non volevano Gantz”. Secondo il parlamentare del Likud, chi vorrebbe dare la possibilità a Gantz di formare l’esecutivo sta “dicendo di dare la possibilità alla minoranza di formare il governo a spese della maggioranza”. “La maggioranza governa, mentre la minoranza ha dei diritti. Questo è il significato della democrazia”.
Prima dell’inizio della discussione parlamentare, la presidente del partito di sinistra Meretz Tamar Zandberg ha dichiarato che l’opposizione farà ostruzionismo, nel tentativo di lasciare che il presidente Rivlin nomini un nuovo candidato a formare una coalizione di governo. “Siamo pronti ad un ostruzionismo di almeno tre giorni, che è il tempo massimo per il presidente per incaricare un altro membro della Knesset di formare un governo”, dice. “Se cercano di limitare il tempo di parola per impedirlo, non esiteremo ad andare alla Corte Suprema”.
Il Likud intanto si sta già preparando a eventuali nuovi scenari: Moshe Kachlon, già ministro delle Finanze del governo uscente, ha annunciato che il suo partito, Kulanu, si unirà a quello di Netanyahu in caso di ritorno alle urne. E sembra che sia stata presa in considerazione la candidatura di Ayelet Shaked, rimasta fuori ad aprile con il partito la Nuova Destra fondato assieme a Naftali Bennett.
Chi è d’accordo con lo scioglimento del Parlamento sono i partiti arabi che, dopo essersi divisi in due, sperano di tornare a unire le forze e guadagnare più seggi.
Mentre i partiti decidono le strategie, in Israele si parla anche dell’equilibrio tra i poteri. Netanyahu ha tenuto infatti un incontro a sorpresa nel suo ufficio di Gerusalemme con la presidente della Corte Suprema Esther Hayut, che lo aveva aspramente criticato poco prima – per la seconda volta in altrettante settimane – per i tentativi legislativi di scavalcare il sistema giudiziario statale e concedere al premier l’immunità dai procedimenti giudiziari. Secondo la stampa, Netanyahu e il Likud hanno in cantiere una legislazione che vuole sottrarre alla Corte il suo potere di cancellare le leggi della Knesset e le decisioni governative che considera incostituzionali.
L’ufficio del Primo Ministro ha spiegato che è stato Netanyahu a chiedere l’incontro con Hayut e il suo vice, il giudice Hanan Melcer. “I tre hanno sottolineato l’importanza di un dialogo sostanziale e rispettoso tra le autorità”, la dichiarazione ufficiale dall’ufficio di Netanyahu.
24 ore prima, in una conferenza, la Hayut aveva aperto il suo discorso richiamando parole pronunciate dallo stesso Netanyahu nell’ottobre 2017: “Una cosa che non cambia – e non dovrebbe cambiare – è la necessità di un tribunale forte, indipendente, onesto e imparziale. Questo non è cambiato, e non cambierà”, aveva detto Netanyahu allora. Dopo aver citato queste parole, la presidente della Corte si era poi rivolta direttamente a Netanyahu: “Che cosa è cambiato in questo periodo? E’ successo qualcosa da allora che giustifica una deviazione da questi importanti principi? Secondo me, la risposta a questa domanda è no”.

d.r.