Otto giorni per evitare le elezioni
Continua in Israele lo scambio di accuse su chi sia responsabile dello stallo politico e dell’assenza di un accordo per formare il governo di unità nazionale. I partiti – il Likud di Benjamin Netanyahu e Kachol Lavan di Benny Gantz su tutti – lo invocano ma, al tavolo delle trattative, nessuno fa concessioni tali da permettere all’intesa di avere una chance. Otto giorni mancano alla deadline ultima per trovare l’accordo interno alla Knesset, dopo saranno nuovamente elezioni. Le terze in un anno. Nelle scorse ore il primo ministro in carica Benjamin Netanyahu, prima di partire per il Portogallo dove incontrerà il segretario di Stato americano Mike Pompeo, ha accusato Kachol Lavan di non voler veramente raggiungere un’intesa. “Io voglio l’unità. Ho sentito Mickey Zohar (parlamentare del Likud) esprimere la profonda frustrazione di molti nel Likud e dell’opinione pubblica per il fatto che, dopo le generose proposte che abbiamo fatto a Kahol Lavan, non si sono mossi di un centimetro, nemmeno di un nanometro…. Semplicemente rifiutano [un governo di unità nazionale], vanno contro interessi nazionali molto importanti a causa degli interessi individuali di una persona, Yair Lapid”. L’attacco personale del capo del Likud contro il numero due di Kachol Lavan: Lapid è considerato il più contrario tra i suoi a un’intesa che preveda Netanyahu premier, anche in rotazione con Benny Gantz.
Netanyahu – che con Pomepeo parlerà di Iran e della situazione degli insediamenti israeliani in Cisgiordania – si è anche rivolto al presidente di Yisrael Beitenu Avigdor Lieberman, cercando di portalo in extremis dalla sua parte. “Lieberman può ancora formare un governo con noi, è una sua decisione. La prima priorità dello Stato è l’unità, non abbiamo bisogno di elezioni inutili, ma se si faranno, vinceremo”, ha affermato Netanyahu. Lieberman per parte sua sarebbe oggetto di alcune pressioni interne al suo partito affinché accetti di entrare in un governo con il Likud. Lui ha intanto cercato di mettere all’angolo Kachol Lavan e dichiarato di voler un esecutivo allargato con Netanyahu come primo nella rotazione della premiership.
Nel frattempo, Benny Gantz, in visita nella zona di Ramat Negev per una cerimonia in memoria del primo ministro David Ben Gurion. “Quando ha finito il suo lavoro, [Ben Gurion] si è ritirato a Sde Boker. E molti dopo di lui hanno fatto lo stesso. Non si è messo davanti allo stato. Nella realtà politica di oggi, Netanyahu pone se stesso davanti agli obiettivi del paese, questo è lo spazio difficile in cui ci troviamo. Spero che non arriveremo a terze elezioni”, ha dichiarato Gantz, accusando Netanyahu di gestire le trattative di governo per mantenere una posizione di potere e affrontare da qui le tre incriminazioni a suo carico. “Nonostante tutte le accuse che abbiamo sentito nelle ultime ore, stiamo lottando per l’unità. Ho detto unità fin dal mio primo discorso, e da allora ho continuato a cercarla”, ha affermato il capo di Kachol Lavan, che ieri ha incontrato Netanyahu ma senza trovare un accordo.
Accordo che sembra però essere stato stilato, almeno secondo l’emittente Arutz 13. I due partiti avrebbero infatti concordato in linea di principio una rotazione di premiership tra Gantz e Netanyahu in cui quest’ultimo andrebbe per primo, ma solo per pochi mesi prima di prendere un permesso di assenza per affrontare le accuse di corruzione contro di lui. Adirittura Arutz 13 cita anche la divisione di ministeri: al bistrattato Lapid sarebbe andato il ministero degli Esteri mentre a Gabi Ashkenazi (ex capo di Stato maggiore e membro di vertice di Kachol Lavan ) la Difesa. In questo piano i ministeri dovrebbero comunque essere ripartiti equamente tra i due partiti (si parla di 30 in totale). Forse il più controverso punto sul tavolo, scrive Times Of Israel, è la promessa elettorale di Netanyahu di annettere “la Valle del Giordano sotto il nuovo governo, una promessa chiave della sua campagna, ma che è osteggiata da gran parte delle istituzioni di sicurezza di Israele. Gantz ha detto che Israele deve mantenere la Valle del Giordano come frontiera di sicurezza, ma non ha sostenuto l’annessione unilaterale”.