Germania: le discusse origini della collezione d’arte Flick

Berlino, 4 ago –
La collezione Flick, dell’omonima dinastia industriale tedesca, torna nell’occhio del ciclone, Da anni al centro di forti polemiche per gli stretti rapporti d’affari intrattenuti dal capostipite Friedrich con il Terzo Reich, la raccolta sarebbe il frutto di una fortuna accumulata grazie allo sfruttamento di decine di migliaia di schiavi di Hitler.nelle fabbriche di Flick che fu uno dei principali produttori di armi durante il nazismo di cui avrebbe condiviso gli ideali. Lo conferma un recente studio commissionato dal nipote di Flick realizzato dell’Istituto di storia contemporanea di Monaco di Baviera (Ifz) econtenuto in un recente libro di Johannes Baehr ed altri storici.
La collezione, ospitata nel museo d’arte moderna di Berlino, l’Hamburger Bahnhof, fece il suo debutto nel settembre del 2004 e venne prestata per sette anni ai Musei Statali della capitale. Ma già allora, il  suo proprietario, Friedrich Christian Flick – nipote del capostipite – venne bersagliato dalle critiche proprio in virtù delle origini della raccolta.Flick, 64 anni, residente in Svizzera, venne accusato di avere acquistato le preziose opere (2.500 pezzi di 150 artisti fra cui Francis Picabia e Alberto Giacometti) con i soldi ereditati dal nonno. “Denaro  insanguinato”, accusò subito la comunità ebraica, visto che l’industriale sfruttava nelle sue fabbriche Friedrich Flick venne condannato a sette anni nel 1947 come criminale di guerra: in pochi anni divenne uno dei principali industriali del Terzo Reich con un impero che dava lavoro a 120.000 persone, di cui 50.000 erano lavoratori forzati. Ma le critiche andavano oltre il passato della famiglia: al nipote venne rinfacciato anche di non avere voluto aderire al fondo di indennizzi per gli schiavi di Hitler, al quale hanno aderito invece molte grandi industrie tedesche coinvolte con il nazismo.
Le polemiche hanno spinto Friedrich Christian Flick a commissionare (e in parte a finanziare) uno studio sui rapporti del nonno con il regime nazista. Il ‘verdetto’, dell’Istituto di storia contemporanea di Monaco di Baviera (Ifz), è contenuto in un recente libro di Johannes Baehr ed altri storici. La Ifz ha rincarato la dose: Friedrich Flick non si limitò ad arricchirsi con il Terzo Reich, ma condivideva gli ideali e la politica nazisti. L’industriale non era infatti solo un imprenditore interessato a un rapporto pragmatico con il regime. Il suo comportamenti mostrano invece che per la sua lealtà si attendeva da Hitler una serie di vantaggi nel dopoguerra.