Osservatorio – Turchia e Israele, la frattura

La recente decisione della Turchia di escludere Israele da un’esercitazione militare congiunta è frutto della nuova politica contraria a Israele del governo turco. La Turchia, il primo paese musulmano ad aver riconosciuto lo Stato d’Israele, è stata per molti anni uno dei suoi alleati più fedeli. I due Stati hanno uno scambio commerciale di più tre milioni di dollari, progetti di cooperazione nella Difesa e la Turchia è, di fatto, una delle mete turistiche preferite dagli israeliani.
Nonostante questo, il governo ha lanciato una virulenta campagna anti israeliana in seguito all’Operazione di Gaza dell’anno scorso.
Durante il World Economic Forum a Davos nel febbraio scorso, partecipando a un dibattito con il presidente israeliano Shimon Peres, il primo ministro Recep Tayyip Erdogan espresse commenti rabbiosi su Gaza, lasciando la sala subito dopo. E’ stato questo il momento della svolta nelle relazioni turco-israeliane.
Il presidente Adbullah Gul, atteso in Israele l’estate scorsa, non si è presentato.
Il ministro degli Esteri Ahmet Davutoglu, invitato in Israele il mese scorso, aveva insistito nel voler visitare anche Gaza, idea fortemente opposta dagli israeliani. Così la visita è stata cancellata.
Erdogan ha continuato ad attaccare Israele sulla scena internazionale, recentemente all’assemblea generale delle Nazioni Unite, dove ha accusato lo Stato israeliano del dramma umanitario a Gaza e la comunità internazionale di passività. Nello stesso periodo, Erdogan ha incontrato un gruppo di 50 leader ebrei statunitensi per cercare di riparare le relazioni con gli Stati Uniti e Israele. Ma l’incontro non ha avuto un esito positivo a causa dei duri commenti anti israeliani del Primo ministro su Gaza.
In una recente dichiarazione, il ministro degli Esteri Davutoglu ha messo in chiaro che le relazioni con Israele potranno tornare alla normalità quando cambierà la politica israeliana su Gaza.
La decisione del governo di cancellare l’esercitazione militare è frutto della volontà di mantenere lo Stato israeliano sotto pressione. Quello che ha sorpreso molti, è stato che l’esercito, da sempre bendisposto verso Israele, si sia piegato alla volontà del governo, mentre in passato aveva continuato i suoi rapporti con la controparte israeliana nonostante l’atteggiamento ostile del potere civile. In questo caso, il governo sapeva di avere l’appoggio dell’opinione pubblica, con i media e i circoli politici opposti “all’apertura dello spazio aereo turco ai jet militari israeliani che hanno bombardato gli innocenti palestinesi di Gaza”.
Un ufficiale turco ha spiegato, sotto anonimato, che “la nostra previsione è che le azioni della Turchia spingeranno Israele a cambiare la sua politica e gli altri Paesi, specialmente quelli dell’Occidente, a mostrare maggiore interesse per la sofferenza dei palestinesi e a reagire al comportamento d’Israele con fatti invece che parole”.
Diverse ragioni spiegano il cambiamento dell’atteggiamento turco.
Primo, il partito al potere, l’APK ha tendenze pro islamiche.
Pur essendo un pragmatico, Erdogan fa di tutto per mostrare le sue affinità con il mondo arabo e islamico. Ha preso gli eventi di Gaza molto seriamente, appagando così quella consistente fetta della popolazione turca solidale con i palestinesi e arrabbiata con gli israeliani. Questa comprende anche i partiti all’opposizione e i loro sostenitori. Non sorprende che Erdogan, ritornando a casa da Davos, sia stato accolto come un eroe.
Secondo, l’orientamento internazionale del governo si è spostato da un allineamento con l’Occidente ad “una politica estera multi dimensionale”. Anche se la Turchia è membro attivo della Nato e aspira a far parte dell’Unione Europea, si è recentemente impegnata a sviluppare le relazioni con le potenze regionali e in particolare con i Paesi arabi e musulmani.
In questo caso, Ankara non voleva irritare la Siria e l’Iran partecipando a un’esercitazione militare Nato che includeva Israele. Il ministro degli Esteri Davutoglu ha visitato la Siria questa settimana mentre il premier Erdogan è atteso in Iran la settimana prossima, così questo periodo è particolarmente delicato.
Inoltre, il ministro degli Esteri siriano ha annunciato che la Siria e la Turchia hanno condotto un’esercitazione militare congiunta la settimana scorsa.
In generale, il governo di Erdogan ha cercato di assumere un ruolo di maggior rilievo nella regione. Incoraggiato dal suo nuovo status di attivo protagonista regionale, Erdogan guarda alla relazione con Israele da una posizione di forza e sente che può permettersi di avere un atteggiamento di sfida verso lo Stato israeliano. Sempre secondo lo stesso ufficiale, “il sentimento è che Israele ha più bisogno della Turchia di quanto la Turchia d’Israele”.

Sami Kohen (The Jewish Chronicle)
(versione italiana a cura di Rocco Giansante)