Eyal Golasa, un israeliano sfida la curva nera
Sta per concludersi la sessione invernale del calciomercato, seconda fase della compravendita di calciatori professionisti che ogni anno tiene con il fiato sospeso milioni di appassionati, pronti ad approfittare perfino dell’intera pausa pranzo odierna per andare alla ricerca di aggiornamenti sui siti della Gazzetta e del Corriere dello Sport. Tra i tifosi italiani, tantissimi i messaggi che già si possono leggere online, c’è ancora chi sogna di vedere Didier Drogba o Franck Ribery nel nostro campionato e chi invece spera più modestamente in un ricambio dignitoso per lo spompato terzino della propria squadra del cuore. Mentre si firmano gli ultimi contratti, le voci di corridoio diventano bollenti e Maurizio Mosca prova vanamente ad indovinare quale casacca vestirà Ledesma, dalla capitale arriva una notizia destinata a far parlare a lungo nei circoli sportivi. E non solo per motivi squisitamente tecnici.
Ieri pomeriggio Eyal Golasa, diciannovenne centrocampista di Netanya in forza al Maccabi Haifa, ha sostenuto le visite mediche di rito con la Lazio. Il club capitolino, infatti, avrebbe individuato nel ragazzo il rinforzo giusto per il reparto mediano e pare voglia metterlo sotto contratto al più presto (secondo il quotidiano Yediot Ahronot un accordo fino al 2014 sarebbe già stato firmato nella notte tra sabato e domenica). Per l’annuncio ufficiale dell’acquisto si attendono i risultati dei testi fisici e si aspetta di capire con certezza quando il talento dell’under 21 israeliana potrà effettivamente cominciare ad allenarsi con il resto della rosa. Perché Eyal, al pari di moltissimi suoi coetanei e connazionali, sta attualmente svolgendo il servizio militare. Impegno non semplice da procrastinare, come la vicenda del collega Ben Sahar (come si legge sull’ultimo numero di Pagine Ebraiche, il mensile dell’ebraismo italiano) insegna. Il suo eventuale esordio in serie A, pertanto, difficilmente potrà avvenire prima della prossima stagione. Una prospettiva che ha fatto storcere la bocca alla dirigenza laziale, che preme invece per un immediato inserimento di Golasa nell’organico. Comunque, appena verrà resa nota la data a partire dalla quale il giocatore sarà libero dai suoi obblighi extrasportivi, arriverà con tutta probabilità l’annuncio ufficiale dell’ingaggio da parte della società.
Chi conosce un minimo le dinamiche del calcio italiano sa molto bene che l’arrivo a Roma di Golasa troverà la forte (e forse violenta) opposizione di un nutrito gruppo di supporter biancocelesti xenofobi e antisemiti. D’altronde il cuore del tifo, la politicizzatissima curva Nord, è la stessa curva che fino a poco tempo fa aveva come idolo indiscusso Paolo Di Canio, l’attaccante che dopo ogni marcatura esultava facendo il saluto romano, prontamente imitato da centinaia di persone sugli spalti. E come non ricordare un derby di qualche anno fa, quando nel settore degli aquilotti venne esposto, tra gli applausi, uno striscione con scritto “Squadra di negri, curva di ebrei”, rivolto ai sostenitori della Magica. Certamente non un episodio isolato: svastiche e croci celtiche sono di casa tra i laziali, tanto che le squalifiche del campo e le multe fioccano. Non che le altre tifoserie del campionato italiano siano immuni dalla piaga razzismo – i cori su Balotelli ce lo ricordano quasi ogni domenica – ma quella biancoceleste è forse la più intollerante e violenta di tutte. Basta pensare alla storia di Aaron Winter, stella olandese della Lazio nei primi anni Novanta. Quante gliene fecero pagare gli ultras per via di quel nome ebraico e per il colore nero della sua pelle. Accolto sui muri della Capitale da scritte inneggianti alla purezza della razza, fece ricredere tutti sul campo, diventando uno dei beniamini di quella squadra. Ennesima dimostrazione di quanta ipocrisia ci sia negli ambienti, spesso malati, del tifo. Se sei bravo ti si perdona la “colpa” di essere “inferiore”, se non sei un calciatore sopraffino resterai per sempre “un ebreo e un nero di merda”. La stessa cosa che potrebbe succedere a Golasa, nel caso segnasse ad esempio un goal agli odiati cugini giallorossi. Da bersaglio di fischi e beceri urlacci a ottavo re di Roma, la promozione sarebbe automatica e più veloce della luce.
Da quando Claudio Lotito è presidente della Lazio, a onor del vero, la società ha iniziato a combattere una durissima battaglia contro il razzismo negli stadi (ed in particolare nel suo). Lotito, imprenditore che ha accumulato una fortuna con alcune imprese di pulizie e sanificazione, sta provando a ripulire il mondo del calcio. Osteggiato da una rumorosa minoranza di tifosi laziali, è intenzionato a portare a termine quella che considera una missione. L’ingaggio di Golasa, per l’appunto, va interpretato non solo come un innesto qualitativamente importante, ma anche come una sfida alle frange più estremiste degli ultras.
Adam Smulevich