Tra un goal e Tsahal

Ben Sahar, ventenne attaccante dell’Espanyol, è uno dei più grandi talenti del calcio israeliano, pronto ormai per seguire le orme di Yosi Benayoun, bandiera e titolare indiscusso del Liverpool. Ma la carriera di questo ragazzo di Holon è stata lungamente a un bivio, e non per motivi squisitamente tecnici. Da quando è diventato maggiorenne, infatti, il ministero della Difesa preme affinché Ben, al pari dei suoi coetanei, svolga il consueto triennio di servizio militare. Interrompere l’attività agonistica per un così lungo periodo significa però verosimilmente perdere qualsiasi possibilità di sfondare nel football che conta. E Ben ne è consapevole. Tanto che si è sempre opposto con forza a questa prospettiva. Con il sostegno di una buona parte del mondo politico, che in lui vede una sorte di ambasciatore all’estero dello stato ebraico e che nel 2007 cercò vanamente di far passare il lodo Sahar, vera e propria legge ad personam finalizzata a tenerlo fuori da Tsahal.
La legge non venne approvata ma al Rooney israeliano, come l’aveva soprannominato Jose Mourinho ai tempi del Chelsea, fu comunque concessa una proroga di due anni. La scorsa estate, trascorso questo lasso di tempo, il problema si è ripresentato. Continuare a giocare nella Liga con il rischio di essere perseguito penalmente o mettersi l’anima in pace e indossare l’uniforme rinunciando a diventare un top player? Un dubbio quasi amletico per la punta dell’Espanyol, che ha recentemente raggiunto un compromesso con le Israel Defense Forces (Idf ). La sua carriera è almeno per il momento salva, a patto che Ben vesta la mimetica ogni qualvolta abbia un periodo di ferie con il suo club. Ha già iniziato durante il break per le feste natalizie, ma la prima sessione di naja vera e propria è prevista per la prossima estate, quando tra giugno e luglio la Liga chiuderà i battenti.
Dunque rancio e levatacce all’alba invece del mare cristallino dei Caraibi o della Polinesia, mete probabili gli saranno assegnati compiti particolarmente gravosi ma si tratterà, in ogni caso, di un grosso sacrificio. Anche se l’erede di Benayoun, pur considerando il calcio una priorità, ha sempre affermato di considerare la possibilità di servire il proprio paese “un grande onore”. La fine del contenzioso, se non altro, gli ha permesso di ritrovare la serenità che negli ultimi tempi sembrava smarrita. Nel novembre scorso, durante un match nel quale si sono sfidate la compagine israeliana under 21 e quella dei pari età bulgari, ha esibito alcuni dei colpi migliori del suo repertorio, vincendo praticamente da solo la partita grazie ad una fantastica tripletta.
Sembra tornato quello di un tempo, l’attaccante che faceva entusiasmare i tifosi del Chelsea e che in patria aveva collezionato una sfilza di record. Come quando, a diciassette anni, era diventato il giocatore più giovane a esordire e a segnare con la maglia della nazionale. E dopo aver tanto girovagato per i campi di mezza Inghilterra, ha trovato una giusta collocazione nell’Espanyol, squadra dalla buona tradizione che potrebbe rivelarsi un ottimo trampolino di lancio per palcoscenici ancora più prestigiosi. Il piccolo Rooney, dal canto suo, ha conquistato i supporter locali sin dal primo momento. Durante un’amichevole estiva con il Liverpool segnò una doppietta che permise ai catalani di imporsi per tre a zero sui fortissimi rivali. Era il cosiddetto calcio d’agosto, ma per i tifosi valeva come una partita di Champions League.

Adam Smulevich
(Pagine Ebraiche, febbraio 2010)