Il Nastro bianco, la pista nera

Il Nastro Bianco, Palma d’Oro a Cannes, è l’ultimo film di uno dei più interessanti registi europei in circolazione, l’austriaco Michael Haneke. Esploratore dei lati oscuri dell’animo umano, Haneke ha firmato capolavori come Funny Games e Lezioni di Piano. Se in Caché [Nascosto] con Daniel Auteil e Juliette Binoche aveva messo in scena la storia di una coppia della Parigi borghese perseguitata dai fantasmi della Storia (la colonizzazione dell’Algeria), ne Il Nastro Bianco Haneke compie il percorso inverso…

Il Nastro Bianco, Palma d’Oro a Cannes, è l’ultimo film di uno dei più interessanti registi europei in circolazione, l’austriaco Michael Haneke. Esploratore dei lati oscuri dell’animo umano, Haneke ha firmato capolavori come Funny Games e Lezioni di Piano.
Se in Caché [Nascosto] con Daniel Auteil e Juliette Binoche aveva messo in scena la storia di una coppia della Parigi borghese perseguitata dai fantasmi della Storia (la colonizzazione dell’Algeria), ne Il Nastro Bianco Haneke compie il percorso inverso: raccontando le vicende di una piccola comunità tedesca durante gli anni che precedono la Prima guerra mondiale ci mostra i primi segni dei drammatici avvenimenti che sconvolgeranno il mondo.
Girato in bianco e nero, il film è ambientato in una comunità agricola che vive secondo i ritmi del lavoro agricolo: il Barone, proprietario dei latifondi sui quali lavorano i più e il pastore, capo della chiesa e responsabile della scuola, sono i due poteri che comandano.
Questo piccolo mondo antico è scosso da una serie di crimini: una donna trovata morta in un mulino, un attentato che fa cadere il Dottore da cavallo, il figlio del Barone torturato in una foresta, un ragazzino disabile seviziato, un granaio dato alle fiamme.
Nel corso dell’azione si tenta di scoprire invano chi sono i responsabili dei crimini.
Questa non è, infatti, una detective story, ma un film che scopre la violenza della Storia nelle storie violente degli uomini.
Spingendosi oltre film come l’analitico Heimat (Edgar Reitz) o la marxiana Caduta degli Dei di Visconti, ne Il Nastro Bianco non c’è bisogno di nominare e visualizzare i fatti della Storia per evocarne l’essenza.
Haneke ci mostra che la violenza è presente in tutte le famiglie del villaggio: soprusi, incesti, stupri sono in tutte le case, anche in quella del pastore che controlla con una mano di ferro la famiglia e impartisce punizioni corporali ai figli che, secondo lui, hanno perso la loro purezza (quella del nastro bianco del titolo).
Quella che pervade il villaggio, è una violenza che ispirata dalla religione, cerca la salvezza spirituale con la punizione. Una violenza che accomuna tutti nel sangue e colpisce i diversi come il piccolo Karli affetto da sindrome di down e odiosamente torturato.
All’orizzonte, insieme agli eserciti in guerra, vediamo avanzare anche le ombre nere del nazismo.

Rocco Giansante