Istantanee – Tel Aviv, commemorazione dei caduti di Tsahal
Fa quasi freddo in questa sera di aprile, nel cortile della scuola elementare di Tel Aviv, “Tel Nordau”. I bambini rabbrividiscono nelle camicie bianche, come da protocollo. Su uno schermo rizzato all’aperto, scorrono i volti degli allievi, caduti sotto le armi. Sono più di settanta ragazzi, più una ragazza (Esther Birnboim) e non c’è da stupirsi: tra le scuole elementari di Tel Aviv, “Tel Nordau” è la veterana, fondata, nel 1926.
Sotto, campeggia la scritta: “Crescere tra fiori e distruzione. La guerra vista dall’infanzia”. Viene proiettato un film sui bambini di “Tel Nordau”, in visita ai bambini di Shderot, che ripassano le lezioni nel rifugio, per ripararsi dagli scuds. “Il viaggio in pullman è stato proprio breve, ma …Tel Aviv mi sembra così lontana!”, esclama un ragazzino con gli occhiali. Una bambina fissa la ciocca di capelli biondi che si è presa tra le dita e confessa, pensierosa :”A me dispiace per questi qua, ma son contenta che andiamo via!”. “Mio papà dice che il nonno gli diceva che quando lui sarebbe stato grande, non ci sarebbero più state guerre”, dice un altro, con l’apparecchio per i denti. “Per davvero?!”, fa la bambina bionda, un po’ titubante. Poi aggiunge, sbuffando: “Uff, mi prendi in giro! Non son mica contenta – io – ad aver paura”. “Forse, ci si fa l’abitudine”, azzarda un altro.
Gli scolari di Shderot, però, non la pensano così :”Io mi sono stufato del rosso, anche quando disegno”, dice uno e tutti hanno l’aria di approvare: il rosso, a Shderot, sta per “Matzav adom”: segnale di allarme, correre al rifugio.
Finita la proiezione, i ragazzini di “Tel Nordau” cantano in coro; tra le bambine, molte bionde o castane, spiccano tre piccole asiatiche, che cantano con compunzione.
L’ultima canzone è di Corinne Al’al e recita:
“Non ho un altro Paese
Anche se la mia terra brucia
…
Col corpo che duole, col cuore che ha fame
Qui è la mia casa.
Non tacerò, che la mia Terra
Ha cambiato faccia
Non smetterò di ricordarle,
E le canterò all’orecchio
Sino a che non aprià gli occhi”.
Marina Arbib