La vocazione scientifica di Primo Levi

Se la prima Lezione Primo Levi è stata tenuta da un letterato, l’italianista di Cambridge Robert Gordon, che ha sviscerato il tema della fortuna nel pensiero di Primo Levi, pare giusto che la seconda, nel rispetto della personalità intellettuale di questo autore, spetti a un uomo di scienza. Il Centro internazionale di studi Primo Levi ha invitato Massimo Bucciantini, docente di Storia della Scienza all’Università di Siena-Arezzo, a tenere una lezione aperta al pubblico. Il titolo sarà Esperimento Auschwitz. La Lezione Primo Levi è un appuntamento molto seguito a Torino, promosso dal Centro studi, giunto quest’anno alla sua seconda edizione. “Ci sembrava interessante cambiare punto di vista, far emergere un aspetto ancora poco conosciuto di Primo Levi”, spiega il direttore del Centro Fabio Levi, professore di Storia contemporanea all’Università di Torino. La seconda Lezione si inserisce in un percorso di approfondimento del rapporto di questo mostro sacro della letteratura italiana e mondiale postbellica con la scienza. Quest’estate infatti il Centro studi ha proposto al pubblico Il segno del chimico: dialogo con Primo Levi, una lettura teatrale realizzata da Walter Malosti, regista e interprete di punta della scena italiana, prodotta dal Teatro Stabile di Torino.
“Raccontare la vocazione scientifica di Levi – spiega Bucciantini – è l’unico modo di aprire nuove prospettive di comprensione di questo straordinario autore”. Dunque ci voleva uno storico della scienza. Il professore senese concede alcune anticipazioni sulla lectio che esporrà giovedì 11 novembre nella storica Aula magna della facoltà di Chimica, tra i banchi di legno d’inizio secolo su cui studiò il giovane Levi. “Io sono uno storico – precisa – e come tale ho bisogno di fonti e documenti. Vado alla ricerca di contesti, di rapporti. La lezione di giovedì seguirà un doppio movimento: volgerà lo sguardo tanto all’interno dell’opera di Levi quanto alla sua difficile relazione coll’esterno”. Il professore allude alla tardiva comprensione della grandezza di Levi da parte della cultura italiana. “Uscito da Auschwitz, Primo Levi fu annientato una seconda volta. L’ottusità del Parnaso italiano – le eccezioni, tra si annoverano cui Calvino e Cases, furono davvero poche – determinò il fallimento editoriale di Se questo è un uomo, pubblicato nel 1947, che l’autore visse anche come il fallimento dell’obiettivo che si era dato: raccontare Auschwitz”. Stiamo parlando di uno dei più grandi letterati italiani dell’epoca, ma, nella lettura che ne dà Bucciantini, “Levi era innanzitutto un chimico, un chimico speciale. La sua formazione scientifica determina un’attitudine mentale fondamentale anche del Levi scrittore. E proprio in ciò risiede l’assoluta originalità della sua scrittura e della sua riflessione su Auschwitz. Se non capiamo questo non capiamo Se questo e un uomo, non capiamo I sommersi e i salvati”. Non capiamo Levi, come non lo capirono gli intellettuali italiani negli anni cinquanta e sessanta. Complice quel pregiudizio antiscientifico, cifra del retaggio gentiliano che pesa sulla cultura del nostro paese? “Io non credo – replica Bucciantini – non si può dare la colpa di tutto a Croce e Gentile: bisogna riconoscere invece l’arretratezza dei letterati italiani, la loro incapacità di pensare la scienza come cultura”.
Bucciantini anticipa la presentazione di documenti inediti, testimonianza della fortuna di Levi negli ambienti scientifici. In particolare fa riferimento alla ricezione dell’opera leviana da parte di Franco Basaglia, il grande riformatore della psichiatria italiana. Incalzato su questo punto, Bucciantini non è disposto a rivelare di più: tiene alta la curiosità per l’appuntamento di giovedì. Esperimento Auschwitz. Cosa nasconde l’enigmatico titolo della lezione? “La lunga indagine di Levi – spiega Bucciantini – che va da Se questo e un uomo a I sommersi e i salvati, fa ampio uso delle categorie scientifiche, appunto. L’autore trasforma la sua tragica esperienza del sistema concentrazionario in un esperimento mentale: è l’unico che descriverà Auschwitz in questo modo. Seguendo questa via arriva a capire molte cose, altrimenti (e ad altri) rimaste oscure”. Per esempio? “Bisognerà aspettare l’uscita della sua ultima opera, I sommersi e i salvati, per vedere illuminata la zona grigia”, quello spazio di oscura acquiescenza tra le vittime e gli aguzzini, costellato di personaggi turpi e patetici. L’ultimo Levi amplia la sua riflessione, trascende la contingenza storica di Auschwitz. “Attenendosi al discorso sperimentale – il metodo scientifico per eccellenza, insiste il professore – giunge a rendere Auschwitz una categoria antropologica universale”. Ovvero? “Ovvero, non si può capire un grande stabilimento industriale senza fare ricorso alla tragica esperienza dei lager. Levi si serve di quella per capire il mondo, il suo esperimento perde progressivamente i confini di spazio e di tempo”.

Manuel Disegni