Theodor Herzl, il Mazzini d’Israele
Luigi Compagna è docente di storia delle dottrine politiche alla LUISS di Roma. Nella sua attività di parlamentare si è sempre distinto per la dichiarata, forte ed intensa amicizia nei confronti di Israele. E’ appena uscito, per la collana di studi internazionali della Rubbettino Editore, il suo saggio “Theodor Herzl il Mazzini d’Israele”.
Fin dalla prefazione di Francesco Cossiga viene delineato l’accostamento cronologico fra questa pubblicazione e la celebrazione del centocinquantesimo anniversario dell’unità d’Italia, definito dall’ex presidente della Repubblica provvidenziale perché ci consente di “ripassare” i valori fondanti di entrambi i popoli, quello ebraico e quello italiano.
L’esordio, che è esplicativo del titolo, afferma che Herzl per Israele ha il medesimo significato di Mazzini per l’Italia, quello di costruttore dell’unità nazionale attraverso uno sforzo politico unitario. Successivamente Compagna indica nella politica dell’irrealtà, dell’utopia, la fondamentale e consapevole scelta di Herzl che da sognatore ne fece l’ artefice di una impresa giudicata impossibile.
In pagine intense, poggiate su molte erudite citazioni e su un lavoro di ricerca intelligente, si tracciano i molti sentieri dell’antisemitismo e dell’emarginazione degli ebrei dalla vita civile: “Una soluzione della questione ebraica si potrà avere solo quando la si imposti sul suo vero terreno, che è quello della politica internazionale…E’ una questione nazionale, e per risolverla, si deve, prima di tutto, farne una questione mondiale…Si dia a questo popolo la sovranità di un territorio determinato, conforme ai suoi bisogni: e la questione sarà risoluta” citava da Herzl un articolo di Ruffini sul Corriere della Sera del 1920. E Mazzini: “Le nazioni sono gli individui dell’umanità, come i cittadini sono gli individui delle nazioni”.
Da una teorica emancipazione al sempre occhieggiante antisemitismo, da figure controverse a personaggi illustri, il percorso che il libro di Compagna traccia è ricchissimo, per approdare infine al Caso Dreyfus che per Herzl e per il popolo ebraico segnò un decisivo punto di svolta, che inevitabilmente sfociò nel primo congresso sionista.
Compagna mette anche in evidenza la sentita partecipazione ebraica alle lotte risorgimentali: 400 sui 12.000 volontari del 1859,8 dei mille garibaldini furono ebrei. Non invano furono pubblicati negli anni a ridosso di questi le “Interdizioni Israelitiche” del Cattaneo ed un analogo scritto di D’Azeglio.
Le varie modalità di rappresentare il legame millenario degli ebrei con la loro patria d’origine si riversarono nel sionismo culturale ed in quello politico, in quello laico ed in quello religioso, in quello di sinistra ed in quello più conservatore, ma non ebbero sempre vita facile neppure all’interno delle opinioni ebraiche. “Una terra senza popolo per un popolo senza terra” fu uno slogan nel quale Herzl sintetizzò la sua visione, invano combattuta da un Ahad Ha’am che non ignorava i problemi che ciò avrebbe potuto causare con gli abitanti arabi della Palestina.
Esauriente è poi il quadro delle nascenti istituzioni culturali, politiche ed economiche del futuro “Stato degli ebrei”. Ma gli ultimi mesi di vita di Herzl furono molto tristi e carichi di rancorose dispute all’interno del movimento sionista. Di lui sono rimasti la bandiera e l’inno d’Israele, che ne perpetuano la grandezza solitaria. L’accorata testimonianza di Stefan Zweig del funerale di Herzl a Viennae le poche parole dedicate al suo secondo funerale, stavolta di Stato, in una Gerusalemme capitale dello stato d’Israele nato 50 anni dopo il primo congresso sionista, con la bara attorniata da superstiti della Shoah, concludono questo bellissimo libro.
Federico Steinhaus, Consigliere dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane