Roma abbraccia i suoi sopravvissuti

Il rabbino capo di Roma rav Riccardo Di Segni, il presidente della Comunità ebraica della Capitale Riccardo Pacifici e la presidente della Consulta della Comunità Elvira Di Cave hanno aperto le porte del Tempio Maggiore di Roma per accogliere la cittadinanza venuta ad ascoltare i sopravvissuti che tornarono dai campi di sterminio. Un altissimo momento di confronto e riflessione che si è ripetuto con il racconto in prima persona dei testimoni di ciò che fu la Shoah per tramandare alle nuove generazioni i valori di chi, pagando di persona, contribuì alla speranza di un mondo migliore.

(l’immagine in alto è di Stefano Meloni www.melonifoto.it)

Shlomo Venezia

“Ho iniziato a parlare dopo quarantasette anni, se avessi voluto farlo prima non sarebbe stato possibile: i primi 10 anni dopo l’uscita dal campo di concentramento dove avevo perduto tutta la mia famiglia, sono trascorsi nel tentativo di riprendermi fisicamente e psicologicamente da quello che avevo vissuto. Ho dovuto riprendere gli studi, ho frequentato la scuola alberghiera grazie all’aiuto dell’American Joint che in quegli anni ci aiutava a riprendere una vita normale, fino al 1952. Poi ho cercato un lavoro e mi sono sposato. In quegli anni avrei voluto parlare ma capitò che una volta mentre raccontavo quello che mi era successo ad un amico, mi accorsi che distoglieva lo sguardo e che dietro di me una persona gli faceva cenno che ero pazzo. Decisi di tacere.
Sono trascorsi molti anni nel silenzio, in famiglia non ho mai parlato della mia esperienza per paura di turbare l’infanzia dei miei figli. Poi circa 15 anni fa ricevetti una richiesta dalla Provincia di Roma che mi chiese se ero disposto ad accompagnare una scolaresca, chiamai il mio amico Luigi Saggi e gli dissi che se fosse venuto con me sarei andato. E così è stato. Da allora non ho più smesso di parlare, di raccontare, di testimoniare, perché mi sono reso conto che quello che era accaduto doveva essere ripetuto in continuazione per fare in modo che la gente sapesse che queste cose così tragiche erano accadute davvero. Dopo quella prima volta, ho condotto i miei figli con me ad Auschwitz, ed è lì che hanno saputo veramente cosa era accaduto al loro papà ed a tutta la sua famiglia”.

testimonianza raccolta da Lucilla Efrati