Arte e ideologia – “A Pesaro rozza provocazione”
Il presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Renzo Gattegna è intervenuto riguardo le polemiche suscitate dal provocatorio allestimento dell’opera Mosè in Egitto rappresentata al Rossini Opera Festival di Pesaro. Ecco il testo della sua dichiarazione:
“In tutte le epoche è accaduto che l’arte sia stata usata come mezzo di diffusione di idee e di ideologie. Anzi, spesso l’arte è stata un formidabile strumento di propaganda ideologica, un’affascinante combinazione di contenuto e di bellezza. Ma l’assunzione di un tale ruolo comporta gravi pericoli e l’arte rischia di pagare un prezzo molto alto scendendo nell’agone politico se non altro perché tutto ciò che è politico è opinabile e complesso e non si presta ad essere raccontato attraverso semplificazioni retoriche che facilmente finiscono per diventare falsificazioni. Proprio questo è il rischio che ha voluto correre l’edizione dell’opera rossiniana Mosè in Egitto rappresentata al Festival di Pesaro e si è così assunta due gravi responsabilità. La prima è di stravolgere i simboli e i valori dell’ebraismo e del cristianesimo sia fornendo un’interpretazione alterata e superficiale dei dieci comandamenti sia mostrando la figura di Mosè incomprensibilmente rappresentata alla stregua di un terrorista. La seconda è di comunicare una versione faziosa e banalmente manichea degli ultimi decenni della storia del Medio Oriente e dei rapporti tra israeliani e palestinesi”.
Sulla questione si è espresso anche il rabbino capo di Roma Riccardo Di Segni con una dichiarazione riportata dalle agenzie di stampa.
“E’ una deformazione che nasce prima di tutto dall’ignoranza, è un totale sovvertimento dei dati, che ignora alcuni concetti fondamentali. Con quella storia, poi divenuta patrimonio dell’umanità, Dio interviene per liberare il popolo dall’oppressione e la religione non è più asservita al potere ma al servizio dell’uomo. E’ un grande passo avanti nella storia dell’umanità”. Il rabbino Di Segni ha poi proseguito: “I processi di liberazione presuppongono l’uso della violenza. Solo le belle anime possono pensare che il nazismo sarebbe stato sconfitto distribuendo caramelle alle SS…”. Il rav ha inoltre ricordato che nella tradizione ebraica, alla vigilia della Pasqua i primogeniti digiunano “in ricordo della morte dei primogeniti dell’oppressore, del nemico. Non credo – ha concluso – che esistano molte culture nelle quali si digiuna per la morte del nemico”.