Il mio candidato
Nella splendida cornice del Ninfeo di Valle Giulia, mi sono ritrovato a fare un tifo da stadio. Fazioso. Dopo essermi valorosamente cimentato nella rissa per il buffet – uno dei momenti topici delle cerimonie di premiazione del Premio Strega – ho salutato Alessandro Piperno e mi sono sistemato al tavolo per seguire lo scrutinio con trepidazione. Come se fosse una vera e propria elezione, fino alla vittoria sul filo di lana del “mio” candidato. Fino alla sua rimonta sorprendente e a quel punto inaspettata.
Confesso la mia parzialità, perché non avevo letto tutti i romanzi finalisti. Una parzialità forse un po’ rozza, dettata però da un sentimento di amicizia con l’autore e di identificazione con i suoi personaggi, ebrei romani border line, eterodossi, spesso non edificanti. Ci sono molte differenze con l’ebraismo romano che ho conosciuto, ma anche alcuni tratti comuni comici e rivelatori.
Ricordo una scena di “Persecuzione”, il primo romanzo del dittico: Ester, la madre, non può tollerare che i due ragazzini stiano sbracati sul divano mentre un operaio fa il suo lavoro. L’impegno va rispettato, e i due giovani devono rimanere in piedi, completamente inutili e anzi d’intralcio ai lavoratori. Una situazione che ho vissuto personalmente un’infinità di volte, cogliendone l’involontario effetto comico e contemporaneamente l’insegnamento nobile, quello del giusto onore che va tributato al lavoro di ognuno.
A mia memoria, solo Crescenzo Del Monte e Giacomo Debenedetti – in modalità e contesti diversissimi – hanno descritto letterariamente, prima di Piperno, vizi e virtù della nostra antichissima comunità. È interessante che si tratti di figure tutte marginali, per molti aspetti esterne alla comunità. Spesso c’è bisogno di una certa distanza per vedere veramente le cose, perché solo sui confini nasce la vera cultura.
Tobia Zevi, Associazione Hans Jonas – twitter @tobiazevi