Una strage senza morti

All’aeroporto di Burgas, tre pulman con dei turisti israeliani. Per l’attacco di un kamikaze, della modalità dell’attacco non riusciamo a sapere, uno degli autobus salta in aria e gli altri due prendono fuoco. Un massacro. Curiosamente, chi per molte ore, una quindicina, sa meno di tutti gli altri media al mondo cosa sia successo, sono due media nazionali. Nel titolo, usano la parola “strage”, indicano 31 feriti e non la presenza di morti. Il lettore si sarà domandato come possa esserci una strage senza morti, non era mai successo. Oppure il lettore non se lo sarà domandato: la comunicazione è basata sulla sensazione e non sull’attenzione. Qui, la sensazione fantasmatica dettata dal titolo fantasma e dai titolisti zombie era che ci fosse stata una strage di turisti israeliani senza il bisogno della parola “morti”: la mancata presenza del vocabolo deve esser stata vista come naturale. Il titolista avrà pensato: “Allora, strage con degli israeliani, ci saranno dei morti. Scriverlo, sarebbe farraginoso. Io non ci metto niente”. E’ andata avanti così per una decina o più di ore di titolazione da settimana enigmistica, una strage senza i morti. Poi uno cliccava sul titolo e si trovava all’articolo e ai morti. Otto.
Poi i morti sono risorti nel paradiso intermittente del titolo.

Il Tizio della Sera