…hasbarah
Qualcuno dovrà pur decidersi a scrivere la storia tragica e grottesca del reportage dal Medio Oriente. Di fronte a quella che in un articolo su Limes (2012, 2) ho definito “deficienza analitica”, sfonda una porta aperta chi sostiene che la “hasbaràh” sia non solo utile ma essenziale per Israele. Ma con due ben precisi correttivi. Il primo è che hasbaràh (che in italiano si può rendere con “spiegazione informativa”) è termine paternalistico e, nella prassi degli ultimi decenni, fallimentare. Vuol dire: “ora te la spiego bene” – dopo che mi sono trovato in perenne ritardo, o sono stato poco chiaro e convincente, o perfino ho commesso dei madornali errori nel confronto dialettico con i miei detrattori (o semplicemente con il pubblico in cerca di informazione primaria). Quello che è invece necessario fare è costruire un serio e ampio discorso su Israele che sia capace di confutare punto per punto le innumerevoli inesattezze fattuali e interpretazioni perverse, e allo stesso tempo dia un quadro equilibrato della complessità multiculturale e multipartitica della realtà israeliana. Ed ecco la seconda e non meno importante discriminante: quella fra hasbaràh di Stato e hasbaràh di Partito. Quella che oggi si legge in Italia in certi siti e osservatori dichiaratamente filo-israeliani sembra spesso una crociata stizzosa contro tutto ciò che non sia conforme a una determinata posizione dottrinaria, a volte sulla falsariga di fonti americane impegnate all’estremo nella campagna elettorale contro il Presidente Obama. Tale dottrina può, sí, trovarsi periodicamente a far parte della coalizione governativa in Israele, ma certamente non riflette la maggioranza dell’opinione pubblica del paese. Il pensiero unico si scaglia non solamente contro i nemici di Israele, ma anche contro le idee del centro e della sinistra parlamentare alla Knesset, contro determinate sentenze della Corte Suprema, contro delibere del Controllore di Stato, o anche contro posizioni moderate espresse dalle Forze di Difesa e dai Servizi – tutti strumenti fondamentali della legalità istituzionale dello Stato d’Israele. In questi casi, il profitto d’immagine per Israele è dubbio, il danno è certo. Non vorremmo allora dover tornare al vecchio adagio: dagli amici mi guardi Iddio, che ai nemici ci penso io.
Sergio Della Pergola, Università ebraica di Gerusalemme