Israele – Il conflitto e il ruolo dell’informazione
Sono oltre 500 i giornalisti di ogni nazionalità giunti in Israele dall’inizio del crisi con Gaza, secondo quanto riporta il Government Press Office, che vanno ad aggiungersi agli oltre 1400 iscritti all’associazione della stampa estera nello Stato ebraico. Eppure, nonostante il massiccio dispiegamento di forze che la stampa internazionale mette in campo per coprire gli eventi, cresce l’insoddisfazione del pubblico più attento e vicino alle vicende mediorientali, com’è tradizionalmente il caso degli ebrei della Diaspora, per una descrizione degli eventi parziale e poco attenta nei confronti di ciò che accade in Israele. Un’informazione costantemente monitorata attraverso la rassegna stampa dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane dalla redazione del Portale dell’ebraismo italiano, che ha espresso la sua preoccupazione nell’assemblea di redazione.
Lo scontento della gente emerge in primo luogo sui social network, dove moltissimi utenti reagiscono a ciò che i media raccontano o non raccontano postando foto, video e articoli che possono fornire un quadro più veritiero della situazione: sottolineano come Israele sia da anni sotto il tiro dei razzi sparati da Gaza, che sono piovuti in modo particolarmente massiccio per diversi giorni prima che avesse inizio l’operazione Pilastro di difesa, raccontano le sofferenze dei civili israeliani, spesso vissute in prima persona da parenti o amici trasferiti nello Stato ebraico, denunciano la tecnica di Hamas di lanciare razzi e impiantare centri operativi in luoghi densamente abitati, quando non in scuole ed ospedali, e a usare i civili come scudi umani. Dimostrano infine la manipolazione di alcune delle foto che sconvolgono il mondo in queste ore, diffuse come immagini della sofferenza dei civili di Gaza e in realtà scattate in Siria, paese che i movimenti del mondo occidentale che si proclamano pacifisti si ostinano a ignorare dopo quasi 40mila morti dall’inizio del 2012, fa notare qualcuno.
Sono gli stessi giornali ad aver riconosciuto l’attitudine di questo conflitto a essere raccontato attraverso i social media: per molti la prima fonte d’informazione è divenuta twitter, in particolare l’account di Tzahal, ma anche quello dell’IronDomeCount e del governo israeliano, e persino il twitter delle Brigate Al Qassam.
Un’opera, quella di informare su ciò che accade veramente in Israele, portata avanti con impegno anche dal suo Ministero degli Esteri e dalle ambasciate nel mondo, che diffondono sul web notizie e immagini sulla situazione nello Stato ebraico (creato un apposito sito ). “Israele è deciso ad andare avanti nell’offensiva su Gaza fino a quando Hamas non capirà che un livello di lanci di razzi contro il territorio israelianocome quello degli ultimi mesi è inaccettabile” ha dichiarato alla stampa italiana l’ambasciatore a Roma Naor Gilon.
A raggruppare le informazioni che arrivano dalle fonti più disparate in un flusso continuo sono i siti web dei giornali israeliani, dal Jerusalem Post ad Haaretz. Che non dimenticano di sottolineare come nonostante le difficoltà, la voglia degli israeliani sia quella di non cedere alle minacce e alla rappresentazione della vita dello Stato ebraico in una dimensione diperenne conflitto: dove possibile, si continua ad andare a studiare e lavorare. La squadra di calcio di Ashdod, una delle città maggiormente bersagliate dai razzi da Gaza, prosegue con gli allenamenti, riferisce il Times of Israel, e ha visitato la batteria di Iron Dome vicino alla città, portando ai soldati compagnia cibo e bevande: tutti decisi a rimanere nonostante le difficoltà. Giocatori stranieri inclusi.
Rossella Tercatin twitter @rtercatinmoked