L’analisi del Presidente al Consiglio dell’Unione
Prima di illustrare le azioni svolte nel corso delle ultime settimane e in particolare quelle successive all’ultima riunione di Consiglio del 28 ottobre scorso, desidero precisare alcune questioni di principio e alcune mie personali opinioni che vorrei sottoporre alla vostra attenzione per discuterne liberamente insieme.
PROSPETTIVE
I mezzi offerti dal progresso scientifico e mediatico hanno fortemente incrementato la velocità di spostamento delle persone e di trasmissione delle idee e delle informazioni. La distanza fisica ha perso importanza e gli effetti nel mondo ebraico sono stati di rompere definitivamente l’isolamento che in passato aveva contribuito ad accentuare le differenze tra ebrei di origini e di tradizioni diverse. Soprattutto si è attenuata la distanza e la differenza tra Israele e Diaspora ed è in costante aumento sia il numero di ebrei, residenti nei vari paesi del mondo, che si collegano e trascorrono periodi sempre più lunghi e frequenti in Israele e di israeliani che stabiliscono contatti di studio e di lavoro con altri paesi e con le Comunità ebraiche locali. Piu che a migrazioni vissute come eventi tragici e drammatici si assiste quindi a fenomeni di mobilità giovanile spesso collegati a finalità culturali o professionali, stimolati anche dall’alto livello delle scuole, delle università e degli istituti di ricerca scientifica israeliani che hanno conquistato in tutto il mondo fama di eccellenza.
Le linee guida e le strategie che tutte le Comunità ebraiche, comprese le nostre Comunità italiane, hanno adottato e dovrebbero continuare a perseguire si potrebbero così sintetizzare:
– Rompere qualsiasi forma di isolamento sia rispetto ad altre Comunità che rispetto alle società di cui facciamo parte.
– Rifiutare di emarginare e di essere emarginati senza per questo accettare compromessi sui nostri principi e i nostri valori.
– Abbattere barriere di separazione di qualsiasi genere convinti che, dopo aver aperto i cancelli dei ghetti, dobbiamo rifiutare di rinchiuderci volontariamente in spazi chiusi di tipo culturale, sociale o psicologico.
– Respingere timori, paure o diffidenze non perché i pericoli siano improvvisamente scomparsi ma perché qualsiasi strategia basata sulla paura sarebbe solo un incentivo a colpirci, umiliarci e perseguitarci di nuovo.
– Intrattenere le migliori relazioni possibili con le istituzioni nazionali che garantiscono il pieno godimento dei diritti fondamentali e rispettarne i legittimi rappresentanti che, nei paesi democratici, accettano e spesso invitano gli ebrei a partecipare alla vita politica, culturale e sociale della nazione.
– Non perdere questa occasione, forse irripetibile, di forte tutela e collaborazione da parte degli Stati democratici e laici, per tentare di infliggere una sconfitta decisiva a tutti i pregiudizi e a tutti gli avversari vecchi e nuovi che spesso operano all’interno di Stati teocratici e fondamentalisti.
– Mantenere il nostro tradizionale rifiuto di qualsiasi forma di idolatria, non solo in senso religioso ma anche culturale e comportamentale e continuare a difendere la laicità degli Stati, intesa come libertà di opinione e di parola contro qualsiasi forma di discriminazione.
– Approfondire ed elevare sempre di più la nostra cultura e la conoscenza della nostra identità, della nostra storia e delle nostre tradizioni. Presupposto questo necessario per poter affrontare in maniera dignitosa e adeguata qualsiasi forma di confronto.
MEMORIA DELLA SHOAH E ANTIEBRAISMO
Non siamo mai stati e non vogliamo essere considerati il popolo della Shoah. La Shoah ci ha colpito in maniera disumana, ma essere relegati al ruolo di sopravvissuti e proiettare costantemente l’immagine delle vittime sarebbe una falsità oltre che un danno irreparabile per le nostre prospettive future. Per lo stesso motivo non dovremmo commettere l’errore di ingigantire ed enfatizzare gli episodi di antiebraismo che siamo ancora costretti a subire. La nostra strategia deve essere attentamente studiata usando gli strumenti di osservazione, di monitoraggio, di controllo e di contrasto di cui ci siamo dotati al fine di mettere in atto reazioni calibrate in maniera razionale e non emotiva. L’obiettivo rimane quello di abbattere i pregiudizi e le discriminazioni e di far capire ai nostri avversari che non è più possibile, per nessuno, perseguitarci impunemente.
ISRAELE
La creazione dello Stato di Israele è stata per gli ebrei il più grande evento degli ultimi duemila anni e i suoi effeti positivi si estendono a tutti gli aspetti della nostra vita e in tutti i paesi del mondo. Si è concretamente realizzata una speranza e un’aspettativa epocale unificante e ricca di prospettive per un futuro totalmente diverso dal passato. Ma anche in questo campo sarebbe importante mantenere aperto un vivace dialogo perché l’orgoglio, l’ammirazione e l’amore verso Israele non determini una dannosa demotivazione nella condizione degli ebrei che, vivendo nella Diaspora, si possano sentire o vengano considerati israeliani irrealizzati. L’Aliyah deve essere una libera scelta praticabile per tutti e chi rimane nella Diaspora deve continuare a poter svolgere un’importante funzione in campo ebraico.
LA POLITICA
Alcuni anni fa abbiamo affrontato il tema della diretta partecipazione degli ebrei alla vita politica del paese e ci siamo trovati d’accordo che l’impegno politico è qualcosa di importante e di nobile che può e deve essere svolto da chi lo desidera e dimostra di avere le attitudini e le capacità. Ci siamo anche trovati d’accordo nel ribadire alcuni principi e in particolare che le istituzioni ebraiche non possano intrattenere alcun tipo di contiguità e di collateralità con alcun partito e che debbano rapportarsi sempre con le istituzioni.
A questo punto, per concludere, vorrei sottoporre alla vostra attenzione il comportamento tenuto dall’Unione per svolgere un’azione di sostegno a Israele nell’ultimo mese, prima nel corso del recente conflitto militare con la Striscia di Gaza e poi, in occasione dell’ultima sessione dell’assemblea dell’Onu che ha votato per l’accettazione dell’Anp come Stato osservatore.
Nel primo caso è stato svolto soprattutto un lavoro di informazione per non lasciar passare in seconda linea il fatto evidente che Israele, prima di reagire militarmente, aveva subito un prolungato attacco missilistico che si era protratto per diversi mesi.
Nel secondo caso, oltre a un lavoro di informazione, l’Unione ha tentato fino all’ultimo di far presente ai responsabili della politica estera italiana che le Comunità ebraiche vedevano con preoccupazione il fatto che l’Italia potesse esprimere un voto favorevole senza ottenere alcun tipo di garanzia di rinuncia al terrorismo e di salvaguardia della sicurezza di Israele.
La documentazione relativa all’attività svolta costituisce parte integrante del presente documento.
Gli interventi dei responsabili e gli articoli dei redattori hanno tenuto conto della fondamentale esigenza di essere fedeli alla realtà, corretti, attendibili e affidabili.
Ritengo che per fornire un valido contributo a sostegno delle ragioni dello Stato di Israele dobbiamo cercare di essere autorevoli per conservare forza di persuasione ed evitare di essere considerati dei semplici propagandisti e non delle persone che seriamente svolgono un lavoro dedicato all’informazione.
Renzo Gattegna, presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italia