L’incontro fra i leader ebraici e Mario Monti Esigenza di chiarezza e rinnovato impegno

Grande cordialità e amicizia, un clima di rinnovato impegno, l’esigenza di chiarire alcuni punti caldi all’origine di una vivace dialettica interna al mondo ebraico e non solo. L’incontro svoltosi a Palazzo Chigi tra il presidente del Consiglio Mario Monti e una delegazione dei vertici dell’ebraismo italiano condotta dal Presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Renzo Gattegna e alla presenza, tra gli altri, dell’onorevole Alessandro Ruben, ha permesso di trovare risposte alle numerose questioni sollevate. Temi di politica estera innanzitutto, con le perplessità di molti ebrei italiani legate all’appoggio dato dal governo al riconoscimento dell’Autorità nazionale palestinese come Stato osservatore alle Nazioni Unite. “L’Italia è sempre stato considerato un paese amico di Israele. Oggi, da altri paesi – commentava a caldo il presidente dell’Unione – sono in molti a chiederci un chiarimento sull’eventuale evoluzione della politica estera del governo. Da Monti abbiamo ottenuto importanti rassicurazioni”.
Una lettura condivisa dal vicepresidente UCEI Roberto Jarach. “L’incontro – spiega – è stato caratterizzato da massima apertura e cordialità. Il presidente del Consiglio ci ha confermato la vicinanza del governo allo Stato di Israele e ha ribadito come la decisione presa all’Onu non rappresenti in alcun modo un cambiamento di rotta nella difesa dei diritti e nel cammino verso la pace”. Ad aprire il confronto il sentimento di disagio espresso da Monti per il testo apparso negli scorsi giorni su Yedioth Ahronot a firma del giornalista Menachem Gantz, corrispondente a Roma del quotidiano popolare israeliano, che con parole perentorie aveva denunciato un presunto ‘tradimento italiano’. “Abbiamo spiegato che nessuno si è mai espresso con queste parole – puntualizza Jarach – e che l’utilizzo del termine ‘tradimento’ è attribuibile a una scelta esclusiva della redazione”.
Giulio Disegni, anch’egli vicepresidente UCEI, ha registrato un forte atteggiamento di attenzione da parte di Monti nei confronti delle istanze e delle preoccupazioni che gli sono state sottoposte. Tra gli argomenti di primaria importanza toccati nel corso della conversazione, sottolinea, la tutela delle Comunità ebraiche da venti d’odio che tornano pericolosamente ad affacciarsi anche su riflesso delle vicende internazionali. “Mi è parso – racconta Disegni – che il premier abbia ben presenti i nostri timori ma che sulla questione del voto all’Onu abbia dovuto confrontarsi con una situazione europea che a suo dire non poteva non andare in quella direzione”.
Tra i concetti più significativi espressi in questo senso, racconta l’assessore al Bilancio dell’Unione Noemi Di Segni, un riferimento all’idea di sicurezza non soltanto dal punto di vista “fisico” ma anche “culturale”. La sfida quindi di promuovere conoscenza e diffondere valori inalienabili per la formazione di società sempre più aperte, libere e inclusive. “È un’esigenza che ci ha visti pienamente convergere con il pensiero del presidente Monti”, conferma l’assessore.
Presente all’incontro anche il presidente della Comunità ebraica di Roma e consigliere UCEI Riccardo Pacifici. “Al presidente Monti – spiega in una nota – abbiamo espresso il nostro profondo rammarico per il voto all’Onu. Un voto che avrebbe potuto essere interpretato come un mutamento di posizione dell’Italia verso Israele e per molti versi incomprensibile”. L’allarme, incalza Pacifici, “riguarda anzitutto il processo di pace per il quale noi tutti auspichiamo uno sviluppo e dunque una ripresa dei negoziati”. Ma sussiste anche il timore, dice ancora il leader degli ebrei romani, “che venga meno l’impegno a garantire il diritto d’Israele a vivere entro quei confini garantiti dalla comunità internazionale” e a rischio pare infine la sicurezza degli ebrei italiani “già nel passato bersaglio di azioni terroristiche”. In un comunicato diffuso nel pomeriggio di ieri la presidenza del Consiglio ha rimarcato come la protezione della Comunità ebraica sia una responsabilità “irrinunciabile” dello Stato.

Daniela Gross