Israele verso le urne
Colpo di scena preelettorale in Israele: il ministro degli Esteri Avigdor Lieberman dovrà rispondere dell’accusa di abuso di potere. Altri due capi di accusa, più gravi, sono stati archiviati per insufficienza di prove dal consigliere giuridico del Governo. Vertevano sull’accusa di truffa, di aver ricevuto qualcosa con la frode, in una circostanza aggravante, di aver legalizzato capitali e disturbato un testimone. L’accusa attuale concerne l’aver ottenuto dall’ambasciatore d’Israele in Bielorussia dei documenti che riguardavano Lieberman stesso e che erano destinati invece alla polizia. Lieberman è apparso in televisione e non ha affatto dichiarato che stava per dimettersi come alcuni prevedevano. Si vede che la notte porta consiglio, poiché l’indomani ha annunciato invece che si sarebbe dimesso, ma sperava di tornare presto da un procedimento veloce. Se guardiamo allo stile del suo discorso sembra che abbia scelto un tono provocatorio. Se Lieberman sarà condannato per un capo d’accusa minore, con gli appoggi di cui gode potrebbe evitare che venga troncata la sua carriera politica che negli ultimi tempi sembra traballare. Più volte il ministro aveva attaccato l’Unione europea rispondendo alle critiche sulla costruzione di nuovi insediamenti. “Quando verrà il momento della verità – ha detto di fronte al corpo diplomatico – molti capi europei saranno pronti a sacrificare Israele senza batter ciglio per calmare l’Islam estremista ed acquistare la quiete per sé stessi. Gli impegni di sostegno che giungono ad Israele dal mondo mi ricordano gli impegni simili dati alla Cecoslovacchia nel 1938 e le pressioni esercitate sul presidente ceco per i Sudeti. Dopo tutti gli impegni e le garanzie, la Germania nazista occupò la Cecoslovacchia e pose fine alla sua esistenza. Noi non saremo la Cecoslovacchia e non faremo compromessi sulla sicurezza di Israele”. Parlando alla radio Lieberman ha ricordato come negli anni Quaranta gli stessi paesi europei hanno abbandonato gli ebrei al loro triste destino. A mio parere non è lecito paragonare la situazione politico-militare di Israele oggi con quella del popolo ebraico durante la Shoah. Allora gli ebrei salvo qualche rara eccezione non potevano difendersi, mentre oggi Israele è dotato di un esercito con una notevole capacità. Nessuno Stato attuale può essere paragonato al Reich nazista, anche se non è d’accordo con la politica del governo israeliano in carica. Gli israeliani odierni sono ben diversi dai loro fratelli sotto l’occupazione nazista che non avevano nessuna possibilità di difendersi. Paragoni del genere sono antistorici e creano un’atmosfera falsata e pericolosa.
Nulla è comparabile ad Auschwitz.
Israele dunque vive ormai la campagna elettorale per le prossime elezioni. Le legislative israeliane si terranno il 22 gennaio 2013 e i preparativi sono iniziati con la presentazione delle liste dei candidati già il 6 dicembre scorso. La lista capeggiata da Tzipi Livni presenta al secondo posto Amram Mizna che fu presidente del partito laburista, e al terzo Amir Peretz che fu segretario generale della Histadrut (Confederazione del Lavoro), capolista del Partito laburista e nel 2006 ministro della Difesa nel Governo Olmert. Peretz era al terzo posto anche nella lista laburista. Tra le ragioni da lui addotte per il salto, la principale è che la capolista Shelly Yachimovich non dà abbastanza importanza al processo di pace e si concentra solo sulle questioni sociali. Alcuni attribuiscono a Shelly il desiderio di ricevere un portafoglio ministeriale nel prossimo Governo Netanyahu. Nell’ipotesi, caldeggiata da molti, che questi vincerà le elezioni.
Attualmente ci sono due correnti di pensiero opposte, ognuna con molti sostenitori. La prima ritiene che il pubblico israeliano, come ha dimostrato nell’estate 2011, si interessi soprattutto alle questioni economiche e sociali, al livello di vita, alle difficoltà che incontrano i giovani nel raggiungere l’obiettivo di avere un appartamento proprio. Per questo Shelly Yachimovich ha impostato tutta l’azione del Partito laburista sulle questioni sociali.
L’altra corrente sostiene che il tema principale di queste elezioni sarà invece la pace con i vicini, che Tzipi Livni ritiene possibile con Abu Mazen. Al contrario di Avigdor Lieberman, fino a poco tempo fa ministro degli Esteri, il quale sostiene non ci sia differenza fra Abu Mazen e Khaled Mashal di Hamas. Intanto Amir Peretz, è passato alla lista di Tzipi Livni.
Un candidato laburista ha detto “Centinaia di persone ci dicono che se non innalziamo anche la bandiera politica, essi non voteranno per noi laburisti”. L’improvviso ritorno di Tzipi Livni alla contesa elettorale ha leso fortemente il partito laburista poiché la competizione principale diventa quella fra Netanyahu e Livni. Netanyahu è riuscito a spostare la discussione sulle questioni di politica internazionale, mentre i laburisti non fanno parte di questo gioco. Come già rilevato da Amir Peretz, Yachimovich dà scarsa importanza agli argomenti del negoziato israelo-palestinese ossia i progetti di costruzioni nella zona E1 fra Gerusalemme e Maalè Edumim, e al riconoscimento dell’Autorità palestinese come Stato osservatore all’Onu. Solo Livni può rispondere a tono. I laburisti che si sono situati al centro, hanno lasciato parte del loro campo al Meretz a sinistra. Ma Meretz non potrà essere un’alternativa valida a Netanyahu. Abu Mazen ha avuto un successo personale alle Nazioni Unite a New York, ma se non trasforma questo passo formale in una realtà, rimarrà accantonato. Nell’ipotesi invece di una coalizione Netanyahu-Livni senza Lieberman, si potrebbe sperare in un’intesa che sfoci, se non nella pace vera e propria, almeno in un compromesso transitorio che poi in seguito si potrebbe stabilizzare. Speranza lontana in questo momento mentre Netanyahu ha bloccato i fondi palestinesi che Israele raccoglie per loro.
Le elezioni dovrebbero risolvere tutti i quesiti ma sussiste il rischio che non diano risultati netti e chiari.
Sergio Minerbi, diplomatico, Pagine Ebraiche, gennaio 2013