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Nell’omelia Urbi et Orbi di questa settimana natalizia, il Pontefice Benedetto XVI ha piazzato il conflitto in Israele e in Palestina al secondo posto nelle preoccupazioni ecumeniche, dopo le stragi in Siria. Spesso in passato, in simili occasioni, Israele e Palestina erano state menzionate al primo posto, segno del deterioramento che avviene altrove. Alta la preoccupazione per la situazione in Egitto, ma non al punto di ricordare la comunità dei Copti, solo citate in un più ampio contesto le stragi di Cristiani in Nigeria, non notate le difficili circostanze delle comunità cristiane in Iraq e in Iran. Il ripetuto e consueto riferimento al conflitto in Israele e Palestina come punto di leva del disordine mondiale omette, una volta di più, di registrare che la fuga dei cristiani, e dei cattolici in particolare, dal Medio Oriente riflette l’opprimente intimidazione dell’Islam. La de-cristianizzazione di Betlemme è il prodotto diretto del nazionalismo arabo-musulmano-palestinese a livello locale, e ha ben poco a che fare con l’occupazione militare israeliana che, semmai, ha cercato di tutelare la Chiesa della Natività dalla profanazione dei movimenti integralisti islamici. A Nazaret, che fa parte dello stato d’Israele, i Cristiani si difendono molto meglio e sono in crescita. Un pesante strascico di questo non casuale equivoco si è visto la sera della vigilia natalizia nella trasmissione televisiva Terra sul Canale 4. Si è trattato di una delle più unilaterali, banali, sconcertanti, fuorvianti rappresentazioni del conflitto in Terra Santa, in cui vi è sempre e solo un lato di “cattivi”, materialisti, stranieri, militaristi, squilibrati, sanguinari, gli Israeliani – con un Israele che viene consegnato come episodio inevitabilmente erroneo, passeggero e a termine della storia mondiale – e un lato di “buoni”, umanisti, occupati, pacifisti, emarginati, dispossessati, i Palestinesi (non è chiaro se Cristiani o Musulmani). La parola “terrorismo” non fa parte di questo lessico dolciastro e confessionale. Hamas non esiste. La barriera di difesa è venuta su per pura durezza dei cuori, non ce n’era alcun bisogno dal punto di vista della sicurezza (dei Palestinesi). Alla fine uno dei “buoni”, un grosso signore mite e sorridente, spiega che per il Corano tutti gli ebrei se ne dovranno andare da questa Terra. La giornalista italiana che lo intervista ribatte: “Eh, si?”. Per carità di patria non menzioniamo il nome delle tre (ingenue? convinte? inette?) inviate di Terra in Terra Santa e del responsabile dell’intera trasmissione. Per il sottoscritto – che da oltre cinquant’anni conosce bene quei luoghi e criticamente ne segue le vicende – davvero pietosa. Tu quoque, Mediaset?

Sergio Della Pergola, Università ebraica di Gerusalemme