Israele al voto – Risultato a sorpresa
Le elezioni legislative del 22 gennaio sono sfociate in un pareggio fra la destra e la sinistra ognuna delle quali detiene oggi 60 seggi alla Knesset. La grande sorpresa di queste elezioni è stata la strepitosa vittoria di Yair Lapid, che ha ottenuto 19 seggi con una lista di sconosciuti, ed è lui stesso una novità nel campo politico. Il suo programma consiste nel favorire i ceti medi: adottando la terminologia italiana, si potrebbe dire che ha fondato un partito qualunquista. Appena resi noti i risultati delle proiezioni, il premier attuale Netanyahu gli ha telefonato per congratularsi con lui. Non si sa per ora con chi Lapid si alleerà, ma molto probabilmente sceglierà il campo di Netanyahu. Questi, in declino, ha ottenuto solo 31 seggi insieme a Lieberman e non è chiaro con quali formazioni vorrà coalizzarsi per raggiungere la maggioranza. La sinistra è spezzettata in tre partiti: quello di Shelly Yachimovich, laburista, con 15 seggi, quello di Tzipi Livni (che ha candidato tra gli altri gli ex capi del Labor Peretz e Mizna) con 6 seggi, e quello di Zahava Gal On, Meretz, che ha raddoppiato i suoi seggi raggiungendo i 6 deputati. Queste tre formazioni non sono riuscite a mettersi d’accordo prima delle elezioni, né tra di loro, né, tanto meno, con Lapid. Dubito che ci riescano ora. Si profila quindi un governo capeggiato da Netanyahu con l’appoggio di Lapid e forse di Tzipi Livni nonché del partito religioso Shas. Un governo simile è possibile, ma a costo di forti pressioni interne in contrasto fra di loro. Se Netanyahu mantiene la linea dura nei confronti di Abu Mazen, difficilmente un ministro degli Esteri, forse Livni, riuscirà a trovare un terreno di intesa coi Palestinesi. Ciò è vero anche nella politica sociale che, come hanno dimostrato le manifestazioni popolari, dell’estate 2011, preoccupano la maggioranza della popolazione. Certo è troppo presto per fare previsioni sulla formazione del prossimo governo ma è evidente che sarà difficile e laboriosa.
La partecipazione al voto è stata vicina al 70 per cento e i risultati sono sorprendenti. Essi esprimono il desiderio di un cambiamento radicale, ma non forniscono sufficienti elementi per realizzarlo, almeno per ora.
Sergio Minerbi, diplomatico
(23 gennaio 2013)