Israele – Il nuovo governo si fa attendere
Sono passate oltre tre settimane dalle elezioni, e quasi due dal conferimento ufficiale dell’incarico di formare il nuovo governo all’attuale primo ministro Benjamin Netanyahu, ma sulla fisionomia della maggioranza che guiderà il paese ancora non si hanno risposte.
Tecnicamente il leader del Likud ha a disposizione 28 giorni, rinnovabili per altri 14: il margine quindi non manca. Tuttavia, all’indomani delle elezioni, fonti del Likud avevano assicurato che Bibi aveva intenzione di metterci molto meno tempo di quanto accordatogli dalla legge.
Nel frattempo però i negoziati sembrano più spinosi del previsto. Netanyahu ha atteso diversi giorni prima di incontrarsi con Naftali Bennett, il leader del partito di destra vicino agli insediamenti Habayit Hayehudì, che molti avevano indicato come un naturale partner del Likud. Alla base, secondo quando ha spiegato la stampa israeliana, ci sarebbe un conflitto di natura personale. Un conflitto talmente profondo da dubitare che i due possano collaborare, nonostante molte idee in comune. Bennett lavorò anche per Netanyahu come capo dello staff dal 2006 al 2008. Le loro strade si separarono per dissapori con la moglie di Netanyahu Sarah. Che il leader di Habayit Hayeudì ha preso in giro nel corso di una recente intervista alla televisione. Episodio che, nonostante le successive scuse, non ha aiutato a stemperare la tensione. Durante il suo primo discorso alla Knesset, Bennett ha dichiarato impossibile che possa nascere uno Stato di Palestina accanto a Israele, proprio nello stesso giorno in cui Yair Lapid, alla guida della seconda forza politica del paese Yesh Atid, sottolineava la necessità di tornare al negoziato con i palestinesi, all’indomani di una dichiarazione di reiterato supporto alla soluzione dei due Stati da parte di Netanyahu, per cui è fondamentale portare il centro di Lapid nel governo. Alla finestra, i partiti religiosi, che premono per entrare nella coalizione per difendere i propri interessi, non solo i fondi alle scuole rabbiniche, ma anche l’esenzione degli studenti di Yeshivah dalla leva obbligatoria. Un punto, quello di portare i haredim a “condividere il fardello” del militare che unisce invece Lapid e Bennett, che sarebbero pronti a lavorare insieme per raggiungerlo. In questa prospettiva s’inquadrerebbe il rifiuto di Habayit Hayehudì, dell’offerta di entrare nella coalizione con il ministero dell’Educazione “Un’offerta fatta per irritare Yesh Atid”, hanno commentato funzionari del partito.
Intanto Obama ha annunciato la sua imminente visita a Gerusalemme (20-23 marzo) e tutta Israele si interroga sulla vicenda del “Prigioniero X”, un detenuto, tenuto in isolamento e sotto sorveglianza speciale, morto suicida nel 2010. I media australiani ne hanno nelle scorse ore rivelato la vera identità, Ben Zygier, doppia cittadinanza australiana e israeliana. Forse un ex agente del Mossad, forse arrestato per tradimento. Di certo la vicenda e i suoi punti oscuri dominano tutti i giornali di oggi, da Yedioth Achronoth ad Haaretz, da Maariv a Israel Hayom. Mentre guardando ai siti web dei quotidiani, elezioni e negoziati di coalizione sono scomparsi dagli “hot topics”, gli argomenti caldi del momento. Non rimane dunque che attendere che ci tornino. Anche per accogliere Obama e per fare luce sul prigioniero X, Israele avrà bisogno del suo nuovo governo.
Rossella Tercatin twitter @rtercatinmoked
(14 febbraio 2013)